I curdi nel caos siriano

22 Agosto 2012
Redazione YOUng
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Siria, Turchia, Kurdistan. I timori e la grande occasione

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Nell’immenso e tragico caos che da mesi sta travolgendo la Siria, un aspetto appare lasciato ai margini del dibattito. Si tratta della mai risolta e mai sopita questione curda, popolazione che conta un totale di quasi 35 milioni di abitanti (la più grande stateless nation del mondo) suddivisi tra Turchia, Iran, Iraq e, appunto, Siria. Nel paese ancora retto da Assad, i curdi sono circa 2 milioni, corrispondente al 9% della popolazione, concentrati prevalentemente nella regione del Djezireh, nel nord-est del paese, una delle zone più ricche di petrolio della Siria.

Storicamente, dopo un’epoca di sostanziale convivenza siriano-curda, l’avvento al potere del partito Baas nel 1960 ha portato a una progressiva arabizzazione del paese, eliminando i diritti identitari e linguistici dei curdi (di religione sunnita e lingua kurmandji), arrivando financo a revocare la cittadinanza siriana a 300mila componenti del gruppo nazionale curdo.

L’esplosione della primavera araba dal maghreb al medio oriente ha trovato probabilmente il suo apice più drammatico in Siria, dove un violentissimo confronto è in corso da tempo e dove violazioni di diritti umani sono state evidenziate da parte di osservatori internazionali. Allo scoppio delle prime proteste a Damasco, tuttavia, si è venuta a creare una strana, non dichiarata (e verosimilmente molto fragile) ‘tregua’ tra il governo di Bashar al-Assad e la comunità curda: non si tratta ovviamente di un appoggio diretto dei movimenti curdi al dittatore siriano – molti maîtres à penser curdo-siriani hanno invitato la propria popolazione ad unirsi alla rivoluzione – ma quanto più di un avvicinamento dovuto alla necessità di mutua protezione. Ad Assad, infatti, interessa mantenere un controllo de facto su di un’area geopoliticamente strategica come quella del nord-est del paese, ricca di petrolio e chiusa in un triangolo di frontiera con Iraq e Turchia, mentre molti curdi hanno timore dell’eventuale creazione di una nuova repubblica siriana ‘araba’ centralizzata e autoritaria. E proprio per questi motivi, come riportato da Le Monde Diplomatique a inizio luglio, non appena scoppiate le prime proteste a Kamechliye (prima città curda di Siria), Assad, interessato al controllo sulla zona per mantenere le mani sulle risorse locali e per tenere alta la pressione su Ankara (vedi sotto), ha immediatamente restituito la cittadinanza siriana a quei 300mila curdi che se l’erano vista revocare quasi 50 anni prima per decisione del padre, ha ammesso la creazione di scuole e centri culturali curdi e ha persino consentito il rientro in patria di Salih Muslim, leader curdo esiliato. Questo, unitamente ai timori per l’avvento di un regime di carattere islamista a Damasco, ha fatto sì che Assad si ingraziasse i curdi della zona, creando un cuscinetto al confine con la Turchia, aumentando i timori del governo di Erdogan.

Già, perché non è un mistero che Ankara parteggi, neanche troppo velatamente,734px-Kurdish-inhabited area by CIA 1992 per i ribelli dell’Esercito Siriano di Liberazione, ma ora la situazione si è fatta complicata e delicata: se Erdogan decidesse infatti di ‘passare all’offensiva’ e fornire armi e/o supporto logistico militare agli insorti siriani (più di quanto non stia già facendo), Assad sarebbe pronto a fare altrettanto con i ribelli curdi di Turchia, replicando così quella strategia di dissuasione degli interessi di Ankara nella zona già messa in pratica dal padre negli anni ’90. Ed è questo,come peraltro già ricordato da Giulia Serio qui su iMille, il grande terrore di Erdogan. Lo sa Assad e lo sanno i curdi siriani, che difatti stanno cercando di controbilanciare le minacce del reggente di Damasco nei confronti della Turchia offrendo a Erdogan un aiuto nella lotta al PKK in caso di supporto militare nella guerra contro il regime.

Tutto questo in quanto il fermento curdo in Turchia è ancora forte: allo scoppio delle primavere arabe, i curdi hanno infatti ricordato al governo di Ankara che, prima di porsi quale mediatore credibile nei conflitti della regione, avrebbe dovuto risolvere la questione interna concernente, appunto, i curdi. Da decenni è infatti in corso un conflitto armato e politico tra la Turchia e i ribelli, in particolare legati al PKK . In giugno, tanto per citare uno degli ultimi eventi significativi dello scontro, presso la città di Daglica, al confine tra Turchia e Iraq, sono morti almeno 26 combattenti (otto soldati turchi e 18 del PKK); e non è che l’ultimo della serie di tragici eventi (attentati, rappresaglie) che sta nuovamente insanguinando la Turchia dopo il bombardamento e l’uccisione di 34 contrabbandieri curdi presso Uludere, nel dicembre 2011. Ai fatti violenti si uniscono, inoltre, migliaia di arresti delle autorità turche, che oltre che colpire i violenti che insaguinano il paese, hanno messo nel mirino anche politici, intellettuali difensori delle cause curde, arrivando anche alla censura preventiva.

La primavera araba, e in particolare quella siriana, creano però un’occasione pressoché unica di far ripartire il dialogo diplomatico e il processo di pace nell’area. La politica delle minacce incrociate Siria-Turchia-Curdi sta rischiando di compromettere tutti gli attori in gioco: il regime di Assad è sempre più isolato, Ankara sta mettendo a repentaglio il suo ruolo di interlocutore privilegiato nella zona (anche in ottica europea) e i Curdi potrebbero gettare al vento la chance di imporre la propria questione in maniera democratica nel contesto di futura riorganizzazione dell’assetto istituzionale della Siria. Ma a tal fine i curdi dovranno abbandonare le consuete divisioni che ne caratterizzano la storia, magari sotto la guida di Massoud Barzani, leader curdo iracheno che sta cercando di organizzare una omnicomprensiva conferenza dei movimenti politici curdi, puntando sulla federazione e sull’abbandono delle armi. E forse gettando così le basi per l’avvio di un vero, diplomatico ed efficace processo di pace.

 di Federico Martire  iMille.org  

Osservatorio Italo Siriano 22 agosto 2012


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