I lituani dicono no ad una nuova centrale nucleare

21 Ottobre 2012
Giulio Chinappi
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Fino al 2008, la Lituania poteva essere considerata una delle potenze europee dell’energia nucleare, in quanto riusciva a soddisfare il proprio bisogno energetico per buona parte proprio grazie alla centrale di Ignalina, installata sul suo territorio sin dall’epoca sovietica. Nel 2009, però, la grande centrale di Ignalina è stata chiusa, in seguito ad un parere della Commissione Europea, che l’aveva giudicata troppo pericolosa. L’impianto, che da solo forniva quasi il 70% dell’energia utilizzata dai lituani, era stato segnalato come insicuro per le sue eccessive similitudini con la centrale di Chernobyl.

La chiusura della centrale di Ignalina ha aperto così un grande dibattito in Lituania, in quanto il Paese è divenuto dipendente, nel campo energetico, dalla Russia. Con la collaborazione dell’Estonia, della Lettonia e dell’azienda giapponese Hitachi, il governo lituano ha progettato una nuova centrale nei pressi di Visaginas. Il parlamento lituano ha però deciso con un voto a maggioranza assoluta di affidare la decisione al popolo sovrano, attraverso un referendum.

Il 14 ottobre i lituani sono stati chiamati così alle urne, non solo per rinnovare il Parlamento unicamerale del Paese, ma anche per prendere l’importante decisione circa la costruzione della nuova centrale di Visaginas. Il 64,77% dei votanti (affluenza pari al 52,58% degli aventi diritto) si è dichiarato contro la costruzione della nuova centrale, con delle punte che hanno superato il 70% nelle province più prossime al sito designato per la nuova centrale.

Dopo il referendum italiano dello scorso anno, ecco un nuovo segnale che viene dai popoli europei, che sono sempre più coscienti dei pericoli insiti nell’energia nucleare, e che vi rinunciano anche a costo di essere dipendenti da altri Paesi.

Giulio Chinappi

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