Il primo giorno della Terza Repubblica

15 Marzo 2013
Redazione YOUng
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primoIn questi giorni si scrive un’altra pagina di storia della crisi dell’Eurozona. La trama, a grandi linee, pare esser sempre la stessa. L’oramai nota filastrocca, divenuta quasi analiticamente procedurale, con cui le economie del sud Europa vengono una dopo l’altra sommerse, inghiottite dal mostro della crisi sembra quasi non destare più scalpore.

In questi giorni, in seguito al collasso bancario cipriota, l’Europa ha richiesto un intervento urgente come condizione necessaria e sufficiente affinchè BCE e FMI potessero erogare una tranche di aiuti con importo pari a 10 miliardi di Euro.  Unico dettaglio che quest’oggi nessun governo europeo sembra riconoscere la paternità della richiesta; come più fonti suggeriscono sembra che finanche l’austera Germania sembra smarcarsi da questo stringente ricatto. Il ministro delle finanze Wolfgang Schaeuble sembra abbracciare un eventuale percorso alternativo a quello segnato per la piccola isola del Mediterraneo. Evidenza vuole che, invece, il Parlamento cipriota stia in queste ore calibrando un intervento sui depositi di tipo forzoso (dichiarando la chiusura degli istituti di credito fino a Mercoledì) che dovrebbe prevedere il prelievo del 6,75% per i depositi dai 20.000 ai 100.000 euro, del 9,9% per quelli superiori ai 100.000 euro. Questo intervento dovrebbe garantire un ritorno immediato di 5,8 miliardi di Euro, sufficienti per convincere l’Europa ad erogare gli aiuti previsti.

La Grecia sta spingendo, tuttavia, verso una risoluzione “soft” del problema, con una rimodulazione dell’imposta al 3,5 % per i depositi dai 20.000 ai 100.000 Euro e 12,5% per i depositi superiori a 100.000 Euro. Si pensa ad una abolizione dell’imposta per i piccoli risparmiatori.

In proiezione futura la più grande preoccupazione risiede per l’asta del titoli di Stato, prevista per Giugno, in cui la copertura finanziaria di 1,4 miliardi necessaria al finanziamento dei titoli stessi sembra a rischio, generando il panico dell’insolvenza.

Sebbene paradossale, l’ interesse per la vicenda, che coinvolge una piccola isola con risorse e PIL decisamente poco rilevante, scaturisce dalla presenza di danaro russo negli istituti di credito dell’isola; negli anni, a causa della bassa pressione fiscale, Cipro è diventata La Mecca degli investitori russi i quali partecipano in larga misura al peso specifico del sistema bancario locale (l’isola è diventata polo d’ investimento che ospita circa 30.000 cittadini russi).

Una scelta simile imposta dall’Eurozona sembra creare più di qualche grattacapo a Mosca, che vedrebbe sfilarsi dalle mani il controllo politico e finanziario dell’isola, da tempo paradiso fiscale. La Russia, infatti, ha in passato avanzato un prestito a basso tasso e senza particolari condizioni di 2,5 miliardi di euro ed adesso vedrebbe limitarsi, grazie alla mossa del tandem BCE-FMI, i margini di manovra.

Si badi bene che, seppur con modalità leggermente diverse, il disegno chiaro di fronte al quale la crisi ci ha posto è semplice (forse semplicistico): la crisi, benchè di genesi finanziaria ed attribuibile a non si sa quale arcano spirito o ragion cosmica, vede ripercuotere gli spaventosi effetti sulla classe produttiva, sull’economia reale, provocando il restringimento progressivo ed inevitabile dell’aspirale recessiva. Miliardi di parole per convincerci (o provare a farlo) che per qualche strana ragione il tonfo economico ed il clima di incertezza in Europa fossero causati dal fantasma del debito sovrano o non si sa da quale altra congettura economica. Ciò che appare quanto meno lampante è che ad avere falle non è un sistema economico, un governo o un popolo bensì il modello di capitalismo nel quale siamo immersi da oramai trent’anni. Tale modello ha portato alla piena delegittimazione democratica e perdita del diritto di  autodeterminazione di un popolo. Se nei secoli scorsi un popolo perdeva sovranità a causa dell’invasione straniera al giorno d’oggi la crisi democratica della quale siamo affetti porta alla distruzione di qualsiasi principio di rappresentatività ed è causata da un modello economico malato costruito sulla logica del “libero mercato dei diritti”. Il collasso non è più solo economico ma soprattutto sociale ed umanitario. Quando una Nazione Sovrana (almeno per definizione) si vede costretta a decapitare letteralmente la spesa per Welfare e investimenti sull’istruzione, quando un’economia vede sgretolarsi qualsiasi forma di investimento industriale e sulla produttività del ceto medio, quando soprattutto una Nazione arriva a derubare i cittadini dei risparmi di una vita per risanare un sistema bancario che vive e si alimenta di Crisi c’è da interrogarsi sull’ equilibrio esistente tra economia e politica, tra mercati e democrazia. La spaccatura sta diventando invalicabile, la disperazione ed il disagio sta sfociando in un clima di instabilità sociale pericoloso; la storia ci insegna che i gravi attentati alla democrazia nascono dalla disperazione e dalla fame dei popoli.

Se è oramai assodato che la democrazia è un sogno di pochi ai tempi d’oggi, sicuramente non di chi possiede la ricchezza, è altrettanto evidente quanto dalla crisi nasca la scelta; scegliere se rimanere immobili aspettando che la tempesta passi (con la previsione scontata che ritorni) o sfruttare l’occasione che la crisi ci pone, l’occasione di riformulare il concetto stesso di società.

 Convergenze Parallele

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