No Tav. La Sovranità Popolare Tradita

23 Marzo 2013
Giovanni Pili
Per leggere questo articolo ti servono: 7minuti

«Le grandi opere edili [servono] oggi

solo a ingrassare la lobby del cemento»

Luca Mercalli.

notav3zkNon si è ancora capito se questa Torino – Lione dovrà essere tanto linea merci quanto per passeggeri. Ciò che appare chiaro, approfondendo, è la sua inutilità pari alla insostenibilità ecologica, a tutti i livelli. L’impatto ambientale è infatti solo uno degli aspetti negativi di questa grande opera. Da vent’anni cittadini di ogni estrazione sociale, dal macellaio all’intellettuale, passando per medici, scienziati e amministratori pubblici, continuano a denunciare la cementificazione imperante nella Val di Susa, di fronte all’ignavia bipartisan dello Stato. In termini di inquinamento e devastazione ambientale il cantiere farà più di quanto non riuscirà a fare il treno. Senza contare che esiste già il tunnel del Frejus, il quale riesce a coprire di gran lunga la domanda di viabilità dall’Italia alla Francia. Addirittura non esistono treni verso Lione, non per insufficienza strutturale, ma per mancanza di richiesta. Quando questo progetto è stato varato, nel 2000, si prevedeva un aumento del traffico merci, che oggi è smentito dai fatti. Stiamo parlando di un cantiere che fonda i suoi lavori su previsioni vecchie di dieci anni, totalmente obsolete. Non succede solo in Val di Susa; pensiamo al famigerato Corridoio Cinque Lisbona – Kiev. Stessa storia, stesse sovranità popolari calpestate ed ignorate.

Importante ricordare a questo punto che il movimento No Tav si porta dietro un bagaglio fatto di altre esperienze devastanti come la cementificazione avvenuta durante i giochi olimpici invernali del 2006. Centinaia di milioni di euro vennero spesi per costruire impianti permanenti, che già a partire dall’anno seguente vennero lasciati all’abbandono.1 Eppure esistevano progetti alternativi di impianti smantellabili; che se ne fanno in Val di Susa di uno stadio per il Bob a quattro? E via così passando per altre storie più a sud: ponte sullo stretto (che per fortuna è una favola) e l’allargamento della base militare di Vicenza Dal Molin, felicemente portato a termine sotto l’amministrazione Prodi. Non scordiamoci infine la base di Quirra in Sardegna, dove si sperimentano armi a uranio impoverito. Un’intera generazione di pastori e agricoltori rovinata.

In Francia l’equivalente della TAV è stato il TGV, che dal 1989 al ’90 ispirò proteste diffuse; risolte da Mitterand coinvolgendo le popolazioni alle decisioni su tempi e modi; coinvolgendo gli esperti. Ed effettivamente la democrazia non esiste senza la partecipazione popolare. Persino i liberisti francesi erano contrari, ma per il fatto che alla grande opera non ci fosse un importante coinvolgimento del settore privato. «In Francia già dal 1974 è stata introdotta la procedura dell’”inchiesta pubblica” per tutti i grandi progetti, che ha come oggetto di informare il pubblico e raccogliere osservazioni, suggerimenti e proposte».2 (Tralasciamo il criticare la scelta del concetto di pubblico, rispetto a quello che dovrebbe essere più appropriato di popolo) Tutt’oggi nella legislazione italiana la partecipazione popolare allo svolgimento dei lavori è molto limitata. «Dietro a proteste che coinvolgono migliaia di cittadini c’è una richiesta di riconoscimento della dignità delle persone e dei luoghi».3 In una intervista rilasciata da Mercedes Besso a Elisa Cozzarini per Ambiente Italia, l’ex governatrice del Piemonte afferma che «bisogna dare voce da subito alle popolazioni locali … In Val di Susa sono stati fatti errori soprattutto a partire dalla vittoria di Berlusconi e dalla legge Obiettivo, che ha escluso gli amministratori locali, lasciando solo alle Regioni la possibilità di prendere parte alle discussioni».4 Spesso autori e politici di opposizione, in Italia, sembrano determinati nelle loro valutazioni dal concetto di “popolo ignorante”; che ha ragione solo per una questione di “bon ton democratico”. In realtà quando si parla di TAV, va considerata la condizione di una popolazione che ha visto il suo territorio stuprato già da opere inutili; la stessa TAV si conferma essere superflua, mentre il suo impatto ambientale sarà devastante. Si dovrebbe perendere, dunque, in seria considerazione anche l’opzione B: Se una partecipazione popolare venisse effettivamente permessa, semplicemente i lavori verrebbero interrotti. Per sempre. Con buona pace di chi attende con impazienza i fondi europei.

Dal 2000 al 2009 nel Frejus e nel Monte Bianco il traffico è crollato del 31%. La Dichiarazione di Modane, tra Italia e Francia, del 2000, prevedeva invece un aumento considerevole. Cosa si intende poi per alta velocità è un tutto dire. Da uno studio commissionato dalle Ferrovie dello Stato (che non è un soviet di ferrovieri) risultano «velocità massime … di 21km/h, con tratti a 160 e 120km/h». Sempre in base a questi studi la capacità della linea si riduce ad un terzo. Altro che alta velocità! Non si può parlare nemmeno di trasporto verde o ecocompatibile, o come caspita viene propagandato. Il bilancio energetico, tra costruzione e manutenzione è negativo, con sensibile aumento delle emissioni di CO2 nell’ambiente.

Il costo complessivo – per ora – sarebbe di 10,5MLD di euro. Più o meno quanto l’Italia deve alla Sardegna, nella censuratissima vertenza entrate. Esistono stime ben più negative che ammontano a 35MLD. No, «l’Europa ce lo chiede», non è una buona scusa. Anzi è infondata. Il primo articolo del Trattato di Torino del 2001 recita che, la nuova linea «dovrà entrare in servizio alla data di saturazione delle opere esistenti». Ma come già accennato, il traffico di Frejus e Montebianco non vuole saperne di saturarsi. Del resto l’Austria a causa del calo di traffico ha dovuto mettere una moratoria di cinque anni per il tunnel ferroviario del Brennero. Come si evince dai giornali, l’Europa corre dietro l’Italia per problemi più seri di una linea ferroviaria inutile. Un consiglio al futuro governo italiano: tagliate questa spesa di 35 miliardi e investitela nell’università ed in programmi di inserimento lavorativo post laurea; magari aiuta. L’impatto dei cantieri sarà devastante: inquinamento acustico, polveri sottili, rifiuti da smaltire, grossi fabbisogni energetici; in particolare idrici. Infine lo stravolgimento del paesaggio rurale.

È arcinota la totale mancanza di rispetto verso la sovranità popolare: «Le imprese che lavorano alle grandi opere pubbliche, ed i loro appaltatori, si comportano da padroni. Già ora, sin dalle prime fasi, procedono per espropri ed occupazioni».5 In vent’anni di colonialismo becero, dove le multinazionali del cemento sono lo stato, in Val di Susa la svalutazione dei beni immobili dovuta a questi scempi minaccia di produrre il cosiddetto effetto Bronx: prima della Seconda Guerra Mondiale i cantieri del New Deal avevano portato la popolazione ricca ad abbandonare il quartiere che venne popolato da chi poteva permettersi prezzi notevolmente inferiori; come già accennato sopra, la mafia ha trovato poi terreno fertile negli appalti per le imprese edili e lo smaltimento rifiuti. Il risultato è quello ben noto oggi a tutti.

Gli inquinanti da cantiere come le polveri di amianto sono un pericolo denunciato fin dal 2006 da centinaia di medici della Valle; argomento snobbato e sminuito dall’amministrazione italiana. Eppure durante i giochi olimpici invernali l’impianto olimpico di Bob fu trasferito da Sauze d’Oucx a Cesena per via del rinvenimento di rocce amiantifere. Oggi – come facilmente intuibile – la conformazione geologica di questi luoghi non è cambiata; nei cantieri si ripresenta il medesimo problema. Siccome il tunnel non può essere trasferito, si affossa l’informazione. Trovate anche tracce di uranio e radom. Danni ingenti anche alle risorse idriche. Infine, ma non meno importante, non è chiaro ancora quanto questo tunnel sia fattibile a livello strutturale e geologico. Qualcuno si ricorda cosa successe nel Vajont? Non stiamo paragonando due eventi storici, ma due classi politiche. Le quali sembrano rimaste invariate.

Sono tanti i dubbi, eppure gli organizzatori preferiscono al confronto i manganelli e i gas lacrimogeni; del resto essendo dei privati, seguono la morale del profitto, ch’è ben diversa da quella sociale: i manifestanti, che compaiono solo quando ci si sente inascoltati, sono solo una voce di costo nella categoria “diserbanti e parassiti”. Del resto non si vedono opportunità occupazionali, al di là di qualche donna delle pulizie e qualche barista. Ad oggi 20 amministrazioni locali, da oltre 20 anni, continuano ad alzare la voce, per ricordare che in Val di Susa esiste un popolo, il quale esercità la sua sovranità come previsto nella Costituzione italiana e nella Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo. Le scelte impopolari che di per sé rappresentano una contraddizione grave in questo caso sarebbero anche inutili; sempre che ci sia una comunanza di interessi tra rappresentante e rappresentato.

Oggi abbiamo anche la prova del risultato elettorale, che smentisce la favola dei comuni pro-tav, infatti tutta la Val di Susa ha espresso il proprio voto in maggioranza per partiti no-tav. Oggi a manifestare anche un centinaio di deputati mischiati alla folla; perché non provano a lanciargli contro dei lacrimogeni? Non si prevedono più disordini e violenze?


Note

1 Luca Mercalli, Prepariamoci, Chiarelettere, 2011, pag. 150

2 Edoardo Zanchini, Ambientalisti versus alta velocità ferroviaria? – Ambiente ItaliaEdizioni

Ambiente, 2007, pag. 99

3 Edoardo Zanchini, Ambientalisti versus alta velocità ferroviaria? – Ambiente Italia,

Edizioni Ambiente, 2007, pag. 102

4 Elisa Cozzarini, Intervista a Mercedes Breso: Il caso TAV in Val di Susa – Ambiente Italia,

Edizioni Ambiente, 2007, pag. 193

5 150 Nuove Ragioni Contro la Torino Lione, Movimento No Tav, 2011, pag. 37 (Pdf)

L'AUTORE
SOSTIENI IL PROGETTO!
Sostienici
Quanto vale per te l’informazione indipendente e di qualità?
SOSTIENICI