Massacro chimico di Damasco: lo straziante racconto di Rezan Zeitune

26 Agosto 2013
Redazione YOUng
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La straordinaria testimonanza del massacro compiuto contro centinaia di civili con ancora non meglio precisate sostanze tossiche nella notte tra il 20 e il 21 agosto scorsi in alcune zone della Ghuta, di Rezan Zeitune, una giovane avvocato siriana, da anni impegnata in difesa dei diritti umani, residente proprio nei luoghi della strage.

SYRIA-CONFLICTOriente Ghouta, Siria – Sto cercando di riprodurre quel giorno al rallentatore, nella speranza di scoppiare a piangere come una persona “normale” dovrebbe fare. Sono terrorizzata da questo torpore nel petto e dalla sfocatura delle immagini in giro nella mia mente. Questa non è una reazione normale dopo una lunga giornata passata ad inciampare sui corpi allineati fianco a fianco in corridoi lunghi e scuri. I corpi sono avvolti nel lino bianco, e vecchie coperte mostrano solo le facce che sono diventate blu, schiuma secca che borda le loro bocche, e, a volte, un filo di sangue che si mescola con la schiuma. Le fronti o i sudari mostrano un numero, un nome, o la parola “sconosciuto”.

Le stesse storie e le immagini si ripetono su ogni avamposto medico a Ghouta città, che accoglie martiri e feriti. I medici, la maggioranza dei quali sono stati colpiti dai gas velenosi, raccontano più e più volte come hanno tirato bruscamente le porte aperte ed sono entrati nelle case dove hanno trovato i bambini a dormire tranquillamente e pacificamente nei loro letti. Alcuni hanno raggiunto gli avamposti medici e beneficiato di un primo soccorso. Ma l’immagine più urgente è quella di intere famiglie di morti: un padre, una madre, e tutti i loro bambini che sono passati, dai loro letti, direttamente alle fosse comuni.

Un padre è in piedi davanti a una lunga tomba, apparentemente senza fine, in Zamalka, dove la moglie e il figlio sono sepolti a fianco di numerose altre famiglie. Ho pensato che stesse segretamente invidiando le famiglie i cui membri sono tutti andati in queste tombe strette, non lasciando nessuno dietro di sé a sentire i morsi della perdita.

Gli scontri sono ancora pesanti e vicini, ma nessuno se ne frega. Tutti sono impegnati a scavare e spolverare la sporcizia dai propri cari. Una persona che vigila sull’esecuzione delle sepolture spiega come 140 corpi siano messi fianco a fianco in questa piccola tomba.

Per scattare le foto, dice, prima di elencare i nomi di intere famiglie sepolte qui e là. Aspettiamo come se si supponga di incontrare la famiglia, salutare i genitori, e giocare con i bambini, ma tutto ciò che vediamo è un po’ di terra non livellata e alcuni ramoscelli sparsi a caso su di essa.

Le famiglie si affollano per cercare i loro figli nei corridoi rivestiti con corpi in ogni città. Una vecchia signora entra, implorando i presenti a condurla ai corpi dei suoi figli e fratelli se sono stati martirizzati. I giovani la aiutano a sollevare i coperchi, fuori, dove i volti dei martiri sconosciuti sono in attesa che qualcuno li identifichi. Si va da una faccia all’altra, senza fiato, ansimando, quando erroneamente si crede di vedere un volto un volto conosciuto. La ricerca finisce e lei inizia a catare lodi ad Allah con la voce tremula; la probabilità che uno dei suoi cari sia morto è ora più piccola, dopo l’ispezione all’avamposto medico.

Nella maggior parte dei casi, le famiglie sono sparse negli avamposti medici in tutta Ghouta. Coloro che sono stati medicati e riacquistato la loro forza, iniziano il cammino di ricerca dei membri della famiglia da una città all’altra. E per quelle persone che non hanno trovato i loro cari nei corridoi rivestiti con i feriti o i martire, o nella lista dei defunti che il personale amministrativo è riuscito a registrare, la maggior parte potrebbe a malapena controllare la rabbia e la tristezza – spesso crollano semplicemente in lacrime.

di Rezan Zeitune

Traduzione di Angelo Gabrielli – Osservatorio Italo Siriano -26 agosto 2013

razan-zeitouneh-300x225Razan Zeitune (foto) non gode della fama che meriterebbe né in Europa né in Nordamerica. Quindi nemmeno Italia.

Eppure questa giovane avvocato siriana, da anni impegnata nella difesa dei diritti umani, non è fuggita all’estero, non ha gonfiato le liste dei dissidenti in esilio che hanno aderito a quel consiglio o a quella piattaforma di una sedicente opposizione incapace di andare oltre la retorica.

Razan Zeitune è rimasta a lavorare per monitorare le violazioni commesse in Siria. Ha 36 anni. Il marito è stato arrestato nel 2011, all’inizio della repressione. Lei è rimasta in clandestinità. Nella Ghuta, la regione a est e a sud di Damasco da più di un anno roccaforte della ribellione anti-Asad.

E dal suo privilegiato – ma rischiosissimo –  punto di osservazione è stata una testimone unica del massacro compiuto contro centinaia di civili con ancora non meglio precisate sostanze tossiche nella notte tra il 20 e il 21 agosto scorsi in alcune zone della Ghuta stessa (si veda il rapporto dettagliato del Centro di documentazione delle violazioni in Siria, Vdc).

E’ una testimone unica perché conosce,  meglio di molti altri attivisti locali, come documentare le violazioni, come segnalarle all’estero, come raccontarle. Anche per questo nel 2011 è stata insignita del premio Sakharov e del premio Politkovskaya, l’anno successivo le è stato conferito il premio Ibn Rushd (Averroè) per la libertà di pensiero e quest’anno il premio Women of Courage.

Le note su Rezan Zeitune sono tratta dall’articolo della redazione di Siria Libano

L'AUTORE
La redazione di YOUng
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