Come si muore con il gas nervino – Il racconto dei sopravvissuti

1 Settembre 2013
Redazione YOUng
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“I gas portano il corpo a produrre molti liquidi. Liquidi dagli occhi, saliva, muco. Tutto finisce nelle vie respiratorie e nei polmoni. Le persone affogavano nei propri liquidi”

VID_Syria_Chemical__407959a“L’altro giorno sono tornato nella nostra vecchia abitazione. Davanti alla casa c’è un grande albero. Sotto giacciono tanti uccelli. Ho contato 51 uccelli morti”

“Siamo corsi fuori e abbiamo visto delle persone per terra. Ho pensato: quelli sono morti. Abbiamo guardato se c’era sangue, ma il sangue non c’era, c’era schiuma che usciva dalle bocche. Erano quattro sanitari, che stavano andando verso la clinica, ma non avevano pensato alle maschere.”

hqdefaultNella notte tra il 20 e il 21 agosto alcune dozzine di missili hanno colpito i sobborghi di Damasco controllati dai ribelli. Nel giro di pochi minuti sono morte centinaia di persone, in maggioranza bambini. La “rete delle cliniche rivoluzionarie” parla di 1402 vittime negli insediamenti di Ghuta est, alla periferia della capitale siriana. La causa dei decessi: gas nervino.
Negli ultimi giorni, la Zeit è riuscita a comunicare via Skype con dozzine di testimoni oculari. Si tratta di medici, attivisti e semplici lavoratori di diversi villaggi. Ogni volta i colloqui venivano interrotti, perché le persone intervistate dovevano mettersi al riparo dagli attacchi aerei e da bombardamenti sempre più vicini. Più di una settimana dopo l’attacco, non ci sono ancora prove definitive che le armi chimiche siano state lanciate dalle truppe governative. Ma gli indizi sono schiaccianti. Quasi tutte le persone da noi intervistate ci hanno chiesto di non pubblicare i loro nomi al completo: hanno paura del regime.

Samalka
, cittadina a nord-ovest di Damasco: Abu Mohammed Alqier, 55 anni, sarto

AD20130425369725-On_this_Wednesd“Io credo che sia stato il secondo missile a svegliarmi. Il terzo e il quarto missile sono esplosi vicino a casa mia, tra le 1.45 e le 2, a soli 200 metri di distanza. Abbiamo chiuso le porte e le finestre. I bambini non sapevano cosa stesse succedendo. Ci fissavano negli occhi. Io, mia moglie e miei cinque bambini. Il più piccolo ha cinque anni. Abbiamo cominciato tutti a vomitare, ancora e ancora. Mia moglie soffre d’asma. Vomitava sempre, e non riusciva più a vedere bene. Abbiamo aspettato fino alle 6 e poi siamo andati all’ospedale da campo. Sulla strada era il caos. Alcuni vicini cercavano di aiutare, alcuni semplicemente correvano via, altri morivano. Tre dei nostri vicini sono morti. Uno abitava nel nostro condominio: Ahmed, aveva 24 anni. Sulla via per la clinica sono crollato, mio zio mi sorreggeva. I bambini hanno problemi con gli occhi. Io gli davo gocce di atropina negli occhi. Ora siamo andati via. Tutti sono andati via. Samalka è vuota. L’altro giorno sono tornato nella nostra vecchia abitazione. Davanti alla casa c’è un grande albero. Sotto giacciono tanti uccelli. Ho contato 51 uccelli morti”.

Ain Tarma, Damasco orientale. Dott. Obaida, medico

AP783527311915_620x350“Questa notte mi sono legato delle pezze di stoffa umida intorno alla testa. Sono uscito, ho preso la macchina e sono corso fino alla clinica. Stamattina abbiamo assistito 2800 persone. Non avevo tempo per ordinare il caos intorno a me. C’era molto personale non qualificato. Gli aiutanti facevano gravi errori. Hanno dato ai pazienti troppa atropina, devi controllare di continuo le funzioni vitali dei pazienti. Se gli dai troppa atropina, le convulsioni diventano più forti. A quel punto non sai se quelli muoiono per un’overdose di atropina o per il gas. In tutto quel panico, nessuno si è accorto che l’acqua che veniva spruzzata sui pazienti era contaminata. Hanno lavato le persone nello stesso scantinato in cui venivano medicati. Così il posto è diventato una specie di palude di gas nervino, con l’acqua alta 15 centimetri. I gas portano il corpo a produrre molti liquidi. Liquidi dagli occhi, saliva, muco. Tutto finisce nelle vie respiratorie e nei polmoni. Le persone affogavano nei propri liquidi, e noi avevamo solo cinque pompe. (…). Intorno a mezzogiorno abbiamo portato i morti in una scuola, non ce la sentivamo più di lasciarli nel cortile. (…) Li ho contati, i morti: 71 donne, 74 bambini e 79 uomini. Alle 13 abbiamo sotterrato quelli che eravamo riusciti a identificare in una fossa comune al cimitero. A quel punto qualcuno si è accorto che una piccola bambina ancora respirava. Forse aveva otto anni e improvvisamente aveva ripreso a respirare. È stata riportata alla clinica, dove però dopo è morta, purtroppo”.

Muadhamija, Damasco occidentale. Ahmed, 33 anni, sarto

200737_620“Ci stanno sparando forte. Assad ora viene a prenderci. Per questo ci ha colpito con le armi chimiche”.
Il collegamento salta. Una granata cade dall’altra parte della strada. Mezz’ora dopo Ahmed si connette di nuovo. Manda un video che mostra un uomo anziano ucciso dalla granata. Dal suo cranio fuoriesce della materia cerebrale.
“Siamo corsi fuori e abbiamo visto delle persone per terra. Ho pensato: quelli sono morti. Abbiamo guardato se c’era sangue, ma il sangue non c’era, c’era schiuma che usciva dalle bocche. Erano quattro sanitari, che stavano andando verso la clinica, ma non avevano pensato alle maschere. Abbiamo cercato i sopravvissuti nelle case”.

Samalka. Mohammed, 27 anni, Commerciante di profumi, attivista dei ribelli

42-50771965“Stavo tornando a casa, quando ho sentito il rumore delle esplosioni. All’inizio pensavo si trattasse dei soliti colpi di mortaio: ma il suono era diverso, più chiaro, un po’ come quando scoppia un palloncino pieno d’acqua. Siamo corsi verso la clinica, che sta in una cantina vicino a casa mia. Lì c’erano centinaia di persone. Tutti urlavano confusamente. Arrivavano auto che portavano di continuo morti e feriti. Le macchine facevano la fila davanti alla clinica, erano così tante. Ho aiutato a trasportare le persone. Ma dopo un’ora mi sono sentito veramente male. Tre dei sanitari di Samalka sono morti. Il gas si trasmette dai pazienti al personale. La gente ha cominciato a bruciare le gomme delle macchine. Qualcuno gli ha detto che il fumo serve contro il gas”.

Ain Tarma. Ahmed Lila, 24 anni, farmacista

709793-syria-chemical-attacks“Sono corso fino all’ospedale da campo. Dappertutto c’era gente per terra e tutti avevano forti crampi muscolari. Non dimenticherò mai quando ho visto un padre che portava nella clinica i suoi due piccoli bambini morti. Avevano solo pochi mesi di vita, erano gemelli. Mai, mai nella vita dimenticherò questa immagine”.

Samalka. Baraa Alshami, 25 anni, programmatore

Syria-alleged-chemical-weapons-attack“In una delle case la situazione era terribile. Ho aperto la porta con una pedata, era tutto buio. Nella camera da letto del primo piano c’erano una donna e un uomo a letto, morti. Accanto c’era un lettino, con un bambino piccolo, morto. Mentre portavamo i morti fuori in strada, ho sentito tossire forte dall’alto. Ho seguito i colpi di tosse fino al quarto piano. Nel corridoio c’erano tre bambini sdraiati su un divano. Tutti e tre morti. Sembrava che dormissero. Con le coperte ancora sulle loro spalle. I genitori erano a letto, abbracciati. I colpi di tosse venivano da una terza stanza: lì c’era una giovane donna per terra, intorno ai 20 anni. Probabilmente dormiva quando sono caduti i missili col gas”.

Damasco centro, un quartiere controllato dal regime. Sara, 31 anni, infermiera

Mideast UN Syria“I seguaci di Assad il pomeriggio dopo l’attacco chimico hanno festeggiato sulle strade. Andavano in corteo con le auto, gioivano e cantavano e ballavano. Sparavano nell’aria per la felicità. Urlavano: finalmente il nostro capo gliel’ha fatta vedere a quelli!”

© Die Zeit – La Repubblica
(hanno collaborato Cathrin Gilbert e Tareq Bilal)

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