"Thank you for smoking": introduzione alla vita da "hostess di tabaccheria"

6 Settembre 2013
luciana
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sigarette_anti_incendio“Le hostess di tabaccheria” racchiudono un’essenza ben più variegata e mutevole rispetto a quella palesata dalle grossolana, mai attendibile ed effimera apparenza.

“Le hostess di tabaccheria” sono anime scaltre, forti e coraggiose che plasmano le loro menti alla macchinosa, sistematica e sistemica ripetizione ciclica di frasi, sorrisi, commenti, complimenti, apprezzamenti, obiezioni, interiezioni, gesti, sguardi che, talvolta, vomitano disprezzo e dissenso, e non solo.

Il corpo, apparentemente curato in ogni impercettibile dettaglio, minuziosamente studiato per protendere verso una spasmodica e surreale proiezione della perfezione, cela, in realtà, emozioni, pensieri e patemi che non è lecito lasciar scorgere agli innumerevoli occhi nei quali, ogni giorno, quello stesso corpo si imbatte.

Un lavoro, se non il lavoro per eccellenza, figlio della moderna avanguardia dell’era contemporanea, che, a dispetto del momento storico in cui imperversa il nostro Paese, così come l’intero complesso groviglio di cemento, persone e problemi chiamato “mondo”, costituisce fonte di guadagno sicuro, non solo per le multinazionali, ma anche per loro: “le hostess di tabaccheria.”

Indossare una divisa senza deturparla con orpelli, fronzoli e qualsivoglia accessorio o effetto personale, calzare un paio di decolletè nere con un tacco alto almeno 4 cm, esibire un trucco perennemente perfetto e privo di sbavature, unitamente a capelli puliti e ben pettinati ed imparare alla perfezione “lo speech”: una sorta di copione al quale rigorosamente attenersi per non cadere in fallo sconfinando in parole scomode o in concetti incerti.

Lo speech è fondamentale ai fini del buon esito dell’attività lavorativa, in quanto ricopre la stessa totalizzante garanzia di un vecchio e navigato pastore, allorquando ci si incammina lungo una ripida ed insidiosa montagna.

Lo speech diventa il tuo migliore amico, poiché lo ripeti 50, 100, 200, 300 e più volte al giorno, fino a sviluppare un’avvezza dimestichezza che ti consente di andare avanti a pronunciarlo per inerzia, più e più volte, a ripetizione, come se, tutte le volte, venisse azionato un nastro registrato.

Quando ciò accade, la mente viene contaminata dalla certezza che hai imparato a svolgere in maniera ottimale quel lavoro e che stai diventando perfino brava.

Un tempo, quando iniziai, lo strumento di lavoro che accompagnava le mie avventure in giro per le tabaccherie, era il presenter: una scatola di medie dimensioni, nella quale andavano ordinatamente riposti i pacchetti di sigarette e che veniva aperta e richiusa insieme allo speech.

50, 100, 200, 300 e più volte al giorno.

Oggi, per imprimere repentina e dinamica avanguardia a parole e lavoro, tra le mani delle hostess, si è materializzato un prodigioso tablet, in grado di dare forma ed espressione in maniera più eloquente e comunicativa allo speech.

Cambia la forma, cambiano le divise da indossare, cambiano le parole dello speech, ma non cambia la sostanza: il compito delle ragazze è quello di “vendere fumo”, nel senso più pratico e semplice del termine, affinché, attraverso la risolutezza della strategia comunicativa sviscerata da quella attività, – seppure, talvolta, il tutto si sviluppa in un arco di tempo circoscritto ad una dozzina di secondi, – il soggetto destinatario del messaggio commerciale, ne rimanga talmente infatuato da decidere di acquistare proprio quelle sigarette, piuttosto che quelle che fuma abitualmente.

Detto così, sembra un compito facile.

Cosa ci vorrà mai a convincere un fumatore a compare un pacchetto di sigarette piuttosto che un altro?

Un pacchetto vale l’altro, sempre di fumo si tratta!

Inizialmente, la pensavo così anche io, ma oggi, a distanza di quasi due anni dal giorno in cui sono diventata una “hostess di tabaccheria”, ho imparato che le difficoltà con le quali osteggiare per conferire buon esito allo speech sono molteplici ed estrose.

E, se avete voglia di conoscerle, non dovete fare altro che continuare a leggere i miei racconti di “hostess di tabaccheria”.

Luciana Esposito

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