Le opere di fiction aiutano nella comprensione degli altri

20 Ottobre 2013
Redazione YOUng
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Leggere per capire gli altri: uno studio pubblicato su “Science”

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 ”Proprio come nella vita reale, la letteratura è ricca di individui complessi, il cui mondo interiore non si può comprendere se non con una capacità di indagine psicologica piuttosto raffinata“, spiega Castano. “La nostra ricerca segna un passo in avanti verso una migliore comprensione della relazione tra processi affettivi e cognitivi, e specifici prodotti culturali come appunto la letteratura“.

Riuscire a comprendere gli “stati mentali” degli altri è una capacità fondamentale che permette le relazioni sociali complesse che caratterizzano le società umane. Un articolo pubblicato su Science dimostra, attraverso cinque esperimenti, come la finzione letteraria possa contribuire a migliorare le “teorie della mente” che possediamo riguardo agli altri dal punto di vista emotivo/affettivo e cognitivo in confronto alla saggistica, alla narrativa popolare o rispetto a campioni che non si erano confrontati con nulla.

David Comer Kidd ed Emanuele Castano della New School for Social Research di New York hanno, per prima cosa, definito (facendosi supportare da esperti) 3 categorie di pubblicazioni: la narrativa “letteraria” propriamente detta, ovvero romanzi e racconti di elevato valore artistico (che raccontano fatti e personaggi inventati, di fiction, ma percepiti dal lettore come verosimili); la narrativa di genere, che comprende per esempio i romanzi di appendice, fantascienza, o horror; infine una terza categoria definita di non fiction (quelle opere come i saggi o le ricostruzioni storiche). Per ogni categoria, gli autori hanno poi selezionato un certo numero di titoli da sottoporre, con attribuzione casuale, alla lettura dei volontari.

A seguito della lettura di opere dei 3 diversi tipi (cfr. sopra) a tre gruppi di soggetti, Kidd e Castano hanno testato la teoria della mente dei soggetti usando diverse misurazioni standard. Una di queste misurazioni era effettuata con un test in cui si chiedeva ai partecipanti di guardare fotografie in bianco e nero di alcuni visi e di riferire quale secondo loro fosse l’emozione provata dalla persona raffigurata. Un altro comprendeva diverse valutazioni della sfera affettiva e di quella cognitiva.

I risultati confermano quanto dimostrato in ricerche precedenti: in tutti e cinque i test i soggetti assegnatari di opere di fiction narrativa di tipo letterario avevano ottenuto punteggi migliori, in media, rispetto a chi aveva letto libri della altre due categorie (che invece non differivano tra loro in modo significativo). La ricerca pare suggerire che la qualità della narrativa sia fondamentale per produrre effetti positivi rispetto alle abilità necessarie a formulare teorie della mente efficaci. Gli autori hanno formulato anche un’ipotesi di spiegazione di questa correlazione. Il coinvolgimento intellettivo e il pensiero creativo richiesti per affrontare le opere letterarie sarebbero la “chiave” che “allena” questa capacità.

Leggere, insomma, leggere opere di narrativa… proprio come fanno i volontari di LaAV la cui azione, come sanno, comporta enormi benefici a chi li ascolta.

Natalie Phillips e colleghi del Center for Cognitive and Neurobiological Imaging della Stanford University hanno sottoposto a test di imaging cerebrale alcuni soggetti mentre leggevano un romanzo di Jane Austen, un tipico esempio di libro in grado di assorbire totalmente il lettore. Phillips e colleghi hanno arruolato un gruppo di studenti universitari di lingua e letteratura inglese chiedendo loro di leggere due capitoli del romanzo “Mansfield Park” mentre si sottoponevano sia a un test di imaging cerebrale sia a una rilevazione dei movimenti oculari e del battito cardiaco.

Sono state richieste due letture: una tesa soltanto al piacere della lettura e al coinvolgimento in essa, la seconda in cui dovevano leggere usando il metodo inglese del close reading (cercare di comprendere la struttura formale del testo, i temi, gli schemi letterari e altri elementi). I centri del piacere sono risultati attivi solo nella prima lettura, mentre nel corso della seconda erano più evidenti le attività legate all’attenzione e alla cognizione. Phillips e colleghi sono rimasti sorpresi di come nella modalità legata al piacere venivano attivate in modo massiccio anche aree legate all’emozione e all’immaginazione. … chissà quante e quali altre cose dovremo dimostrare ancora rispetto  alla lettura.

 di Federico Batini
L'AUTORE
La redazione di YOUng
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