"Thank you for smoking": la sigaretta elettronica

28 Ottobre 2013
luciana
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50005-1La sigaretta elettronica: la “regina del mercato”, per quanto attiene “il complesso mondo del tabacco”, più gettonata dell’Iphone, presa d’assalto con la medesima foga con la quale un naufrago disperso in pieno mare, si getterebbe su un salvagente.

In quel fascinoso marchingegno hanno, infatti, riversato tutte le loro speranze di “salvezza” da quella dipendenza che minaccia la salute e corrode le finanze.

Non è mio compito disquisire in merito all’efficacia del suddetto prodotto né tanto meno valutarne e vagliarne pro e contro, rischi e benefici.

Bensì, mi limiterò solo a raccontare le reazioni che la sua comparsa sul mercato ha sortito sui fumatori e in che modo ha saputo condizionarne la sfera psichica ed emotiva.

Anche e soprattutto perché quell’oggetto che penzola dai colli dei suoi sostenitori, condiziona ed intralcia il mio lavoro di “hostess di tabaccheria” ed imprime un’impronta di ulteriore imprevedibilità alla di per se già articolata, delicata e complessa impresa d’interagire con i fumatori.

Diverso è stato l’approccio dei fumatori con l’innovazione che “aiuta a smettere di fumare”.

In Campania, principalmente, la sigaretta elettronica è stata presa d’assalto per una principale ragione: il risparmio economico.

Ciascun fumatore che ha provveduto ad acquistare una, infatti, mi ha sistematicamente e puntualmente propinato, prima di ogni altra, “il fattore economico”, quale motivazione per accendere il tasto “la uso perché”.

Secondo i loro calcoli, infatti, una volta sostenuto l’investimento iniziale, il guadagno sarebbe stato significativo, soprattutto perché, con il passare del tempo, una volta che il suddetto marchingegno li avesse condotti verso la via della redenzione, liberandoli dal diavolo tentatore travestito da tabacco e nicotina, se ne sarebbero, poi, completamente disfatti. Conseguendo l’anelato risparmio, unitamente alla “liberazione dalla dipendenza”.

Appena ha fatto irruzione nelle loro vite, con le sue diverse e variegate fragranze, la sigaretta elettronica, ha trasformato le tabaccherie in deserti disadorni e sonnacchiosi, nei quali compariva, sporadicamente, qualche imperterrito temerario che proprio non voleva saperne di adattarsi a quella “moda” e si ostinava a continuare a fumare “tradizionali” sigarette.

Tuttavia, il sermone sui pro e i contro del fumo da sigaretta piuttosto che da sigaretta elettronica, inevitabilmente, teneva banco, al cospetto di chiunque si recasse in quella sede per acquistare sigarette e non.

Il confronto con un “fumatore convertito”, invece, era una sorta di siparietto tragico-comico che, sistematicamente, si ripeteva: il soggetto che sfoggiava l’arnese in bella mostra, attaccato al collo, noncurante del fatto che la nicotina che grondava dal bocchino gli sporcasse il candido maglione in cashmere, si avvicinava con compiaciuto atteggiamento di sfida, attendendo trepidante che giungesse il momento in cui gli indirizzassi la fatidica domanda: “Deve acquistare sigarette?” Per replicare, con un’indomabile ed orgogliosa fierezza che gli trasudava da ogni poro: “No, non fumo più, adesso fumo questa!”

Quanti ne ho rincontrati, poi, a distanza di mesi, che, con la coda tra le gambe, mi hanno propinato le scuse più surreali ed inverosimili per giustificare il loro “ritorno alle sigarette”.

Alcuni, invece, preferiscono variare, utilizzando “diversamente” la sigaretta elettronica, senza del tutto privarsi di quella tradizionale.

Quelli sono i fumatori più insicuri e confusi, quelli dai quali ho necessità di svincolarmi quanto prima, se non voglio rimanere irrimediabilmente incastrata in un’estenuante e contraddittoria ammissione di coscienza, senza capo né criterio né coda.

Comprano un pacchetto di sigarette da 10, lo custodiscono gelosamente, per beneficiarne quando la boccata di nicotina elettronica non è valutata sufficientemente appagante.

Oppure, volutamente, utilizzano quest’ultima nei luoghi chiusi, per raggirare le leggi relative al fumo di sigaretta, vigenti nei locali pubblici.

Tuttavia, come ogni moda che si rispetti, ha vissuto il suo estremo e totalizzante momento di gloria, nell’arco temporale compreso tra dicembre e febbraio scorsi.

In primavera, il desiderio di tabacco puro, è rifiorito nelle vene e negli emisferi cerebrali dei fumatori, insieme ai fiori di pesco.

Durante quei mesi ostici, irrigiditi dal clima e dalle avversità con le quali erano costretti a rendicontarsi i tabaccai, per effetto di quel tornado devastante che gli aveva sterminato la clientela e dal quale, anche noi “hostess di tabaccheria” rimanemmo diversamente travolte, in quanto ci venivano indirizzate le accuse più improbabili e riservati gli atteggiamenti più inverosimili.

Le risposte al cianuro, aggressive, intolleranti, sprezzanti tutta la loro frustrazione per quella dipendenza che li induce a fare la spola tra un pezzo di metallo e del tabacco arrotolato in labili brandelli di carta, quando sopraggiunse la sigaretta elettronica, raggiunsero delle medie esorbitanti.

Alla fine della giornata, i: “No, grazie non sono interessata”. Accompagnati, almeno, da un accenno di sorriso, si contavano sulle dita di una mano.

“Voi non vi rendete conto del male che fate alla gente svolgendo questo lavoro!”

“Voi siete venditrici di morte!”

“Voi non sapete nulla di tabacco e di fumo, adesso che è arrivata la sigaretta elettronica dovete fare tutte una brutta fine!”

Questi erano i commenti taglienti come spade contro i quali dovevamo battagliare.

C’era chi, invece, cercava in ogni modo di raggirarci come si fa al cospetto del più scomodo e maldestro degli ostacoli o per sottrarsi al dibattito in “materia fumo” o perché, erroneamente ed inspiegabilmente, indotti a credere che eravamo lì proprio per propinargli una sigaretta elettronica.

Tuttora, quando accade che qualche fumatore mi chieda: “Siete qui per promuovere la sigaretta elettronica?” Mi chiedo qual sia il processo mentale che si innesca in una mente umana per indurla ad ipotizzare che un tabaccaio possa essere capace di fornire cordiale ospitalità ad una figura professionale che si fa promotrice dell’articolo artefice della sua principale fonte di potenziale rovina.

La conclusione alla quale, puntualmente, giungo, è che, fumatori e non, semplicemente, sono troppo presi dalla loro compulsiva e frenetica quotidianità per avvalersi della logica per elaborare anche il più semplice e basilare dei ragionamenti.

Purtroppo.

Nella mente di ciascuno di noi dimora una Ferrari, ma, in molti, preferiscono tenerla prudentemente relegata in un garage.

Luciana Esposito

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