Su razzismo, fascismo e dintorni…

30 Ottobre 2013
Redazione YOUng
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razzismo-fascista

Oggi non è raro scontrarsi in situazioni al limite della tollerabilità legate alla discriminazione razziale,  basta passeggiare per strada, in una giornata ordinaria, in una qualsiasi città italiana, e attendere con pazienza. Quello che comincia a destare preoccupazione è il connubio che comincia a crearsi tra il problema del razzismo e quello dell’abuso di potere da parte delle forze dell’ordine, quando la legge del più forte viene applicata da chi effettivamente più forte è, ma dovrebbe usare quella forza per tutelare i più deboli, cittadini, senza distinzione tra coloro che sono comunitari, extracomunitari, ecc.

Qualche giorno fa sono stato testimone involontario di un fatto agghiacciante, che mi ha provocato sgomento e rabbia e mi spinge a scrivere questo articolo per denunciare, far sapere, informare le persone a tenersi pronte perchè un evento analogo può accadere anche davanti ai loro occhi e quindi devono tenersi pronti ad agire per non rimanere inermi dinanzi alla follia e la crudeltà che si sta manifestando in quel preciso istante. Mi ero recato in questura per sporgere denuncia a causa dello smarrimento della mia carta di credito. Il poliziotto in guardiola mi invitò ad attendere il mio turno in sala d’aspetto, affollata, in quel mattino di un giorno di ordinaria follia, da un gran numero di extracomunitari. Presumo che fossero lì per questioni inerenti al permesso di soggiorno. Non c’era posto per sedermi così rimasi in piedi ad osservare i volti di quelle persone riverse sulle sedie, notai la tensione negli sguardi, lo spaesamento, la paura. D’un tratto un’auto di pattuglia arrivò sgommando dinanzi all’ingresso della questura, ne uscirono due poliziotti dal fare strafottente, capelli rasati, occhiali da sole, camminata marziale. Attraversarono la sala d’aspetto, entrarono nell’ufficio dell’ ispettore e, dopo qualche minuto, ne uscirono e cominciarono a urlare contro gli immigrati in attesa dinanzi alla porta. Impartivano ordini, bistrattavano, indirizzavano le persone verso gli uffici in cui dovevano svolgere le pratiche, accompagnando le indicazioni con minacce e insulti. Tra queste persone vi era una bella ragazza di colore, che doveva avere a malapena 20 anni, rimasta seduta al suo posto ad osservare terrorizzata quella scena. Uno dei due poliziotti gli si avvicinò. “Hai il passaporto?” La ragazza non rispose. Aveva le lacrime agli occhi. “Hai il passaporto?” chiese di nuovo il poliziotto, urlando con severità. La ragazza rimase in silenzio. “Ora ti tiro uno schiaffone se non mi rispondi”, urlò il poliziotto caricando un manrovescio. A quel punto non riuscii più a trattenermi e intervenni. “Scusi, mi viene da pensare che la ragazza non parli italiano. Forse semplicemente non capisce quello che sta dicendo. Do you have a passport?” le chiesi. La ragazza accennò in sorriso e mi porse il suo documento che io rigirai al poliziotto. “Visto? Che ci voleva?” dissi, con tono di scherno. Gli occhi del poliziotto si infiammarono, ma non fece in tempo a dire o fare nulla perchè fui chiamato dall’ispettore per la denuncia. Era il mio turno.

Entrai nell’ufficio e fui accolto da una signora quarantenne sorridente e dai modi gentili, tuttavia non riuscii a comportarmi nei suoi confronti con altrettanta gentilezza perchè in quel momento non riuscivo a smettere di pensare al fatto che lei era rimasta inerme dinanzi all’avvenimento di poco prima. La porta dell’ufficio era rimasta aperta, lei aveva potuto sentire e vedere tutta la scena ma non era intervenuta per fermare o richiamare i suoi colleghi. Aveva fatto finta di niente, continuando le sue mansioni con aria indifferente, per cui ai miei occhi era colpevole come gli autori di quel gesto sconsiderato. Dopo aver terminato la pratica uscii senza salutare e mi avviai verso l’uscita. Il poliziotto era ancora lì, dove avevamo discusso poco prima. Mi guardava in modo minaccioso. Durante tutto il tragitto fino all’uscita non staccò gli occhi da me neanche per un istante. Mi chiesi cosa avessi fatto di male per meritarmi un atteggiamento così ostile da parte sua. Avevo osato contestare l’autorità? Un funzionario delle forze dell’ordine non sbaglia mai? Mi ero intromesso in faccende che non mi riguardavano? Forse questa vicenda non è altro che l’ennesima testimonianza di un mondo e una società alla deriva, che ha perso il proprio senso di umanità e di giustizia. Dove la legge serve come strumento di oppressione delle masse e non per dare ordine e senso di sicurezza. Il nostro sta diventando davvero un brutto mondo in cui vivere.

L'AUTORE
La redazione di YOUng
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