Sardegna: Alternativa Indipendentista contro Bipolarismo Italico

15 Febbraio 2014
Redazione YOUng
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Le elezioni regionali sarde offrono un notevole interesse politologico per una serie di eventi che hanno caratterizzato i mesi precedenti la campagna elettorale, rendendo particolare questa tornata e incerto l’esito finale.

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Durante le legislative del 24-25 Febbraio 2013 i movimenti indipendentisti ProgReS, iRS, a Manca pro s’Indipendentzia fanno propaganda per l’astensione; Sardigna Natzione Indipendentzia si presenta entro una lista sardocentrica denominata Soberania, il cui risultato elettorale sarà infimo. Il Movimento 5 Stelle approfitta dell’assenza di larga parte degli indipendentisti – elaborando un programma filo-indipendentista, conscia della crescita di tali proposte nell’opinione pubblica sarda – al fine di intercettare tutto il voto di protesta. Ci riesce, prendendo il 29.7% dei voti alla Camera (274000 voti) ed il 28.7% al Senato, piazzandosi al primo posto fra i consensi per la prima assemblea ed al secondo posto (dietro al Centrosinistra) per l’altra.

Il 25 giugno 2013 la classe politica unionista trasversale (legata ai partiti italiani, ovvero contro l’indipendenza dell’Isola), al fine di tutelarsi contro il voto di protesta e l’ascesa dei movimenti indipendentisti, approva a larga maggioranza (61 favorevoli su 80) una legge elettorale liberticida. Questa concede un premio di maggioranza abnorme (il 55% dei seggi alla coalizione che sostiene il candidato presidente eletto con il 25% dei voti, oppure
il 60% dei seggi con oltre il 40% dei voti) e pone una soglia di sbarramento pari al 10% per le coalizioni ed al 5% per le liste non coalizzate.

Il 3 agosto 2013, durante la Festa del partito indipendentista ProgReS, a Nuoro, la nota scrittrice Michela Murgia, annuncia di avere accettato l’offerta di candidatura per la presidenza della Regione. Tale scelta rompe ogni possibilità di realizzare una coalizione indipendentista unita.

Il 9 settembre, all’interno del M5S avviene una rottura: Mario Marongiu, attivista gallurese del Movimento, denuncia la presenza di una “loggia” interna volta a controllare, a proprio vantaggio, le candidature per le regionali. Emergono dissapori verso i grillini sardi eletti in Parlamento. Sul web si scatena un dibattito fratricida che mostra chiaramente l’esistenza di uno scontro interno, che nei mesi successivi avrà come oggetto le modalità delle primarie. Nasceranno uno schieramento anti-istituzionale (apertura ad individui nuovi) ed uno filo-istituzionale (scelte entro individui di certificate convinzioni grilline); le riunioni del primo, a novembre, saranno sconfessate da Beppe Grillo.

Il 2 ottobre 2013 scoppia l’inchiesta-bis del Pm Marco Cocco. La Procura di Cagliari annuncia che 33 consiglieri regionali della legislatura (2004-2009) sono indagati per uso illecito dei fondi consiliari. Questi, che si aggiungono ai 17 già indagati in un’inchiesta precedente e si aggiungeranno ad altri indagati di un’imminente inchiesta futura, sono tutti di centrosinistra. Tra loro c’è Francesca Barracciu, eletta candidata del Partito Democratico alla presidenza della Regione solo 3 giorni prima. L’inchiesta ha notevole rilevanza nell’opinione pubblica sarda, contribuendo non solo a gettare discredito nella politica di sistema in generale, ma anche nel centrosinistra in particolare.

Il 21 novembre 2013, mentre il governo regionale prepara l’approvazione di un nuovo – discusso – Piano Paesaggistico Regionale, una copiosa pioggia provoca un’alluvione in cui moriranno 16 persone. La contingenza con il dibattito sulla riforma del suddetto piano, getterà notevole discredito verso il centrodestra ed il presidente uscente. Il 30 dicembre con un altro colpo di mano, Ugo Cappellacci indice le elezioni nell’unica giornata del 16 febbraio al fine di rendere più difficile la raccolta firme (solo 10 gg di tempo per 5000 firme) dovuta solo da formazioni attualmente prive di seggi in Regione. Palese il tentativo di ostacolare le liste di protesta (in particolare: grillini ed indipendentisti). Lo stesso giorno, a seguito di una concitata assemblea del PD sardo e l’intervento di un inviato da Roma, oltre che una telefonata di Renzi, Francesca Barracciu – indagata per peculato – rinuncia alla sua candidatura alla presidenza della Regione. Non tutti gradiscono tale scelta, ma altri coglieranno la palla al balzo per entrare nella coalizione.

Il 5 gennaio 2014, viste le insanabili divisioni interne, Beppe Grillo decide di non concedere il proprio simbolo per le elezioni regionali. Il Movimento che aveva preso 1/3 dei voti sardi solo un anno prima, non sarà presente.

Il mistero della Zona Franca Integrale: Nessuno sa spiegare in cosa consista esattamente.

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Da diverso tempo, l’argomento “zona franca integrale” è entrato nel dibattito politico sardo. Non si capisce esattamente chi l’abbia veramente immesso, ma è sicuro che abbia prosperato entro la tragica realtà della dura vessazione fiscale di Equitalia a danno delle piccole imprese sarde, quanto del costo dell’energia penalizzante le multinazionali operanti nel territorio e minaccianti di porre sul lastrico centinaia di lavoratori. Tale proposta, dall’afflato salvifico, è stata in seguito veicolata con uno specifico movimento facente capo all’avvocatoMaria Rosaria Randaccio, poi usata strumentalmente dal centrodestra unionista. Possiamo dire che lo zonafranchismo rappresenti la versione sarda del populismo: nessuno dei proponenti sa di cosa parla; prospera su una realtà tragica, cercando di sviare la rabbia popolare verso chimere irrealizzabili; vorrebbe unire “tutto il popolo” ma, alla fine, finisce da fare da stampella alla Destra (il movimento Zona Franca sostiene, ora, il presidente Cappellacci che è riuscito ad evitare loro la raccolta firme per presentarsi alle elezioni). Tecnicamente, la zona franca è un’area che, pur appartenendo politicamente ad uno Stato, è considerata al di fuori dei confini doganali di quest’ultimo. Ciò implica, ovviamente, dei vantaggi per le imprese operanti in tale spazio, escluso dal regime fiscale vigente. Perciò è visto come un possibile sostegno per determinate aree economicamente depresse. Tuttavia, si tratta di uno spazio estero-per-estero: le imprese possono trasformare materie importate al fine di esportarle all’estero. Onde impedire danni alla concorrenza entro il resto del territorio statale, è necessario circoscrivere tale spazio; ne consegue che le dimensioni di questo debbano essere tali da permettere il controllo efficiente dei suoi confini, affinché nessuna merce entri in circolo all’interno del territorio doganale.

La Sardegna – al di là dell’immaginario colonizzato di tanti sardi – non è una piccola isola ma la seconda isola del Mediterraneo e la terza Regione dello Stato italiano per dimensioni: 24000 kmq. 
L’impossibilità logica di una “Sardegna Zona Franca” è palese. Ma, al di là della logica, da un punto di vista politico non si capisce perché l’Italia dovrebbe permettere la realizzazione di un progetto che danneggerebbe le regioni del Nord, dal più alto potere contrattuale. Inoltre, non si capisce quali sarebbero i vantaggi per la Sardegna in un progetto che non fa altro che perpetuare la sua dipendenza, spostando il dibattito dalla sovranità economica alla conquista di un palliativo per i sardi – una manna per le multinazionali – volto a riconoscere l’insularità come un “handicap” irrimediabile. Sarebbe assai più sensato parlare di fiscalità di vantaggio, ma avendo come primo obiettivo quello di un’ Agenzia Sarda delle Entrate.

Una terra di bottino per multinazionali ed eserciti stranieri.

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Ovviamente, tutto questo in mezzo ad una realtà di nazione colonizzata, la cui società è profondamente toccata da disoccupazione; dispersione scolastica; emigrazione; inquinamento figlio di un’industria pesante e della occupazione militare; progetti economici coloniali (trivellazioni da parte della Saras di Moratti in cerca di metano o il land grabbing da parte della pseudo chimica verde); sistema energetico colonizzato (la Sardegna paga alti costi dell’energia elettrica, nonostante ne produca più del proprio fabbisogno e la esporti a vantaggio delle industrie del Nord Italia); speculazione sull’energia rinnovabile (grandi impianti solari ed eolici inutili e deturpanti il paesaggio); speculazione edilizia (piano truffaldino sul golf, nuovo piano paesaggistico, progetti dell’emiro del Qatar); e tanto altro ancora, compreso il pericolo di infiltrazioni mafiose. Potremmo sintetizzare il tutto con il termine colonialismo. In Sardegna vige un sistema socioeconomico figlio di scelte esterne; ciò avviene da tempo immemore ma, oggi, l’economia sarda è figlia dei famigerati Piani di Rinascita, i cui vantaggi sono stati innanzitutto per il capitalismo italiano (privato e di Stato) ed internazionale, che hanno fondato un turismo coloniale (Costa Smeralda, alberghi di lusso) ed una industria del tutto avulsa dalla realtà sarda.

Programmi a confronto.

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Ugo Cappellacci, Governatore uscente.

Forum con il candidato governatore Sardegna del PD,  Francesco Pigliaru

Francesco Pugliaru, candidato del PD.

AREA UNIONISTA –  Il centrodestra ha riproposto l’uscente Ugo Cappellacci. Il centrosinistra ha trovato la propria foglia di fico in Francesco Pigliaru, economista, ex Assessore al Bilancio e Programmazione nel governo Soru, professore universitario di Economia Politica in Giurisprudenza, renziano, liberista convinto. La candidatura di un tecnico ha permesso al PD di tentare la carta “competenza” e di portarsi dietro non solo gli altri partiti della sinistra unionista, restii a sostenere un indagato, ma anche una componente “sovranista”, nonostante Pigliaru si sia dichiarato contrario all’ipotesi indipendentista in degli articoli del suo blog, ora sparito. Pur non essendo un politico di professione, ha già alle spalle una esperienza da assessore non particolarmente brillante, con una revisione della vertenza entrate a svantaggio dei sardi ed il fallimento della progettazione integrata. Il centrosinistra sardo ci ricorda più l’accozzaglia di Prodi, che una coalizione realmente unita: l’obiettivo fondamentale rimane battere il centrodestra; dunque, ben venga ficcare dentro liberisti e comunisti, sovranisti e anti-indipendentisti, attivisti per i diritti LGBT e integralisti cattolici.

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Michela Murgia, candidata di Sardegna Possibile.

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Pier Franco Devias, candidato del Fronte Indipendentista Unidu.

AREA INDIPENDENTISTA – Sardegna Possibile  sostenente Michela Murgia – non descrive se stessa come coalizione indipendentista, essendo formata da un partito indipendentista (ProgReS) con due liste civiche non indipendentiste (ma accettanti il diritto della Sardegna all’autodeterminazione). Tuttavia, il progetto sardocentrico e l’obiettivo esplicito di rompere con la dipendenza dall’Italia, oltre che la palese importanza di ProgReS rispetto alle due liste civiche, rendono tale coalizione di fatto indipendentista e ci fanno pensare a tutta questa confusione più come ad un espediente comunicativo che ad un reale non indipendentismo. Unica pecca è la presenza, nelle liste civiche, di due elementi con responsabilità nello schieramento coloniale, sebbene non più legati ad esso: l’ex presidente del PD sardo Valentina Sanna e l’ex assessore Romina Congera. Il Fronte Indipendentista Unidu, invece, è esplicitamente indipendentista. Esso è formato da singoli individui indipendentisti, fra questi sono presenti diversi aderenti ad aMpI ma anche persone non tesserate ad alcun partito, compattatesi in numerose assemblee territoriali. Il candidato presidente è Pier Franco Devias, militante indipendentista comunista di lungo corso, laureato in filosofia, attualmente disoccupato dopo aver svolto diversi lavori.

I tre movimenti dell’indipendentismo coerente (ProgReS-aMpI-SNI) avrebbero potuto accordarsi, se l’avessero voluto, guardando alla mera programmazione politica indipendentista ed alla condivisione di un progetto politico partecipativo, coinvolgente la società civile non compromessa con il colonialismo.

sa_die_de_sa_sardigna1Tuttavia, la mancata unione si deve a incomprensioni sorte con il fallimento della convergenza indipendentista del 2012 (cui va il merito di aver riaperto un dialogo tra forze prima non comunicanti: la fazionista scissionista di iRS con aMpI e SNI) e proseguite con la scelta, da parte di ProgReS, di una coalizione elettorale il cui unico indipendentismo organizzato ammesso fosse il proprio e su un candidato da essa fortemente voluto e la scelta di aMpI di chiamare a raccolta gli indipendentisti per la realizzazione di quello che diventerà il fronte indipendentista unidu.

COMPETENZA VS. PARTECIPAZIONE – Un aspetto significativo riguarda il modo in cui unionisti ed indipendentisti si sono posti dinanzi agli elettori. Le coalizioni unioniste di Pigliaru e Cappellacci hanno cercato di fare leva sulla “competenza” e perché si è docenti universitari e perché si avrebbe governato benissimo alla faccia di chi sa fare solo critiche “ideologiche”. Sardegna Possibile ed il Fronte Indipendentista Unidu, invece, hanno fatto leva sulla partecipazione, sulla propria capacità di aver coinvolto innanzitutto le persone sul territorio al fine di formulare il proprio programma. La coalizione della Murgia ha fatto una propria peculiarità degli OST (Open Space Technology), cioè di una metodologia partecipativa al fine di giungere a delle decisioni attraverso il dialogo e l’ascolto fra più persone coinvolte nel processo. Il Fronte Indipendentista Unidu, invece, ha sempre definito se stesso come l’indipendentismo democratico, avverso alle guide messianiche, ed il cui programma è frutto non solo delle assemblee recenti ma anche di un lungo processo di confronto e militanza entro il territorio fra studenti, lavoratori, imprenditori.

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Chi assume ruoli di responsabilità deve, ovviamente, essere anche competente; tuttavia, la politica di sistema usa il valore della competenza al solo fine di defraudare il popolo della propria sovranità, al fine di affidarla a individui “illuminati” che “saprebbero” cosa sia meglio per esso. Insomma, da una parte c’è l’unionismo che – come sempre – governa sul popolo e contro il popolo sardo; dall’altra c’è chi crede nel suo coinvolgimento e vorrebbe governare al fine di renderlo libero e sovrano.

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