È "nu juorno buono" se…

23 Febbraio 2014
luciana
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rocco-hunt-640PURTROPPO IL NOSTRO SOLE  NON HA LA FORZA DI BONIFICARE LE NOSTRE TERRE E NON PUÒ FAR RITORNARE IN VITA LE PERSONE UCCISE DA QUESTA FINTA NAZIONE FONDATA SUL SANGUE E LA MENZOGNA, SPEGNETE LA TV E NON DATE IMPORTANZA A CHI STA ATTUANDO QUESTO SCIACALLAGGIO SULLA VOSTRA PELLE, I RIFIUTI TOSSICI NON SONO SOTTERRATI SOLO AL SUD E NON SOLO IL SUD PAGA LE CONSEGUENZE DI QUESTA MALAUNITÀ. IL CAMBIAMENTO NEL RISVEGLIO DELLE COSCIENZE, QUESTA GENTE DEVE CAPIRE, QUESTA GENTE NON DEVE PIÙ DORMIRE, QUESTA GENTE NON DEVE PIÙ SOFFRIRE.

Questo è il messaggio che appare sullo schermo, alla fine del video di “Terra nostra”, canzone interpretata da “O’ Iank” , “il rapper brigante” dei Fuossera, una delle tante voci arroccate tra vicoli, pietre laviche, labirinti di precarietà e disagi che tessono la complessa intelaiatura delle periferie di Napoli e non solo.

In verità, per quanto poderoso ed imponente sia il contenuto “educativo ed emotivo” del sopracitato messaggio, merita di rappresentare, introdurre e personificare un “inizio”, piuttosto che una “fine”.

Il verbo del giovane, ma caparbio Rocco Hunt lo ha urlato al mondo intero sul gradino più alto del podio del Teatro Ariston di Sanremo che questa “non è la terra dei fuochi”, ma, quello stesso mondo che lo ha applaudito, acclamato ed incoronato, ignora che, quella di Rocco è solo una delle tante voci portatrici di messaggi densi di desiderio di rivalsa e riscatto sociale che ardono, insieme alle visceri di questa terra, tra le visceri di questa terra, aggrappati alle visceri di questa terra.

Questa è la terra di suonatori incazzati”, precursori e fautori di un cambiamento che sia sinonimo di miglioramento e che ripongono nella loro musica il desiderio e la speranza di “ripulire” l’immagine di Napoli, del Sud, di conferirle un fresco e più moderno lustro, togliendogli la corona per svecchiarla, adagiandole sul capo un cappello con la visiera, così da imprimerle una nuova, moderna e più stravagante bellezza, senza rinnegare quella classica, longeva ed immortale eleganza, insita, nonostante tutto e a dispetto di tutto e tutti, nella sua essenza, nella sua anima, deturpata ed avvelenata, eppur instancabilmente infervorata da quell’inossidabile spirito combattivo che mai e poi mai le consentirebbe di rimanere inerme a subire passivamente soprusi ed angherie, senza saldamente impugnare le armi e guerreggiare, fino alla stregua delle sue forze.

L’anima combattiva” di questa terra, dipinta dalle “nuovi voci di Napoli”, designa un primo, fondamentale, radicale e sfrontato cambiamento proprio nelle “inconsuete” armi brandite per conferire forma e sostanza a questa “rivoluzione canora ed ideologica”: la musica, le voci, i versi, i bit, le rime, sono “le pietre” che i cantori campani scagliano contro i pregiudizi, “il sistema” e tutte quelle complesse, caotiche, spregevoli ed articolate realtà che concorrono a svilire e “sporcare” il meridionalismo.

Non è la lotta del “Sud contro il Nord”, dei “buoni contro i cattivi”, piuttosto è la battaglia concettuale di chi, stanco di convivere con un’ingombrante, qualunquistica e stereotipata etichetta marchiata a fuoco sulla pelle, non chiede, ma pretende che gli occhi del mondo si fermino a fissare, con altrettanto partecipato e partecipativo interesse, quello che giace “al di sopra” delle avvelenate budella di questa terra.

Quelli come Rocco Hunt, adesso, possono plasmare la loro creatività musicale mossi dalla potenziale consapevolezza che il mondo è probabilmente pronto a “sentire” la loro musica e, laddove, ascoltando quelle parole, cantate con fugace ed impetuosa irruenza, talune orecchie possono rivelarsi inabili a tradurre quel famigerato e complesso dialetto, il cuore può entrare in gioco per consentire comunque di comprendere “il senso” di quella loro sfrontata, sanguigna, passionale e viscerale arte.

Se il trionfo di Rocco Hunt a Sanremo, sarà realmente in grado di generare un simile cambiamento, per lui, per “quelli come lui” e per tutti le anime che ritrovano nella loro musica la più energica ed appagante forma di espressione della “voce che gli urla dentro”, allora si che sarà “Nu juorno buono”.

IL CAMBIAMENTO NEL RISVEGLIO DELLE COSCIENZE, QUESTA GENTE DEVE CAPIRE, QUESTA GENTE NON DEVE PIÙ DORMIRE, QUESTA GENTE NON DEVE PIÙ SOFFRIRE.”

Questa può e deve essere “la fine del nuovo inizio”:

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