Signora Badessa, ma il "sessismo" per lei è un brand?

11 Marzo 2014
Maria Melania Barone
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LAURA BOLDRINI 2

I giornalisti l’hanno chiamata in molti modi: la Papessa, la Badessa, ma lei si fa chiamare semplicemente “Presidente”.  E da brava Presidente la Boldrini ha preso ancor più seriamente la missione di difesa ad oltranza della ventitreesima coppia cromosomica (XX), ne ha fatto una ragione di vita. In qualità di terza carica dello stato infatti, ogni tanto interviene laddove qualche essere umano potrebbe minare alla “parità di genere”. Forse hanno sbagliato a sceglierla come terza carica dello stato, come Ministro delle pari opportunità invece sarebbe stata molto più attiva e ci avrebbe regalato una serie di “performance da capogiro”. Del resto come Presidente della Camera ha fatto delle scelte discutibili: quando infatti ci fu da votare la porcata della conversione in legge del decreto 133/2013 e cioè il decreto Imu-Bankitalia, lei decise di adottare la ghigliottina affermando che era nelle possibilità del Presidente della camera. E invece no, aveva confuso i due regolamenti, scambiando quello del Senato per quello della Camera. Glielo dovette spiegare una sua collega di partito, Elettra Deiana, che puntualizzò sull’articolo 78 del Senato.

Adesso la Badessa si lamenta che la satira andata in onda durante il programma Ballarò è niente poco di meno che “sessista”. Ultimamente l’unica critica che sa fare la terza carica dello stato gira attorno a due sole parole: “femminicidio” e “sessismo“. Era sessista anche la pubblicità della Barilla, ve lo ricordate? E vi ricordate “i lettori del blog di Beppe Grillo, potenziali stupratori”? Tutto ciò che ne è seguito (purtroppo) è storia: una querela nei confronti della terza carica dello stato per discriminazioni nei confronti di 9 milioni di italiani. Ma la Badessa aveva sentenziato: per lei erano commenti sessisti quelli dei grillini. Così come era sessista la critica dei grillini nei confronti della stessa Badessa che non riuscì a sopportare nemmeno dei fotomontaggi satirici che sdrammatizzavano sul suo atteggiamento serioso. E a proposito di fotomontaggi ce ne erano alcuni relativi ad un presunto topless della Boldrini che poi si rivelò essere un fake: in quell’occasione la Badessa sguinzagliò addirittura la polizia di Montecitorio per monitotare le attività sui social network. Il pm Luca Palamara sequestrò tutti gli articoli inerenti al caso, primo fra tutti quello pubblicato su You-ng.it dal blogger Giovanni Pili che però descriveva con chiarezza la provenienza della foto e la Badessa nè usciva completamente scagionata e la sua castità assolutamente tutelata. Purtroppo per la Boldrini, criticare la poca concretezza della Boschi o la sua tendenza ad apparire, c’entra davvero poco col sessismo. Attenzione: ci stiamo muovendo nel campo della semantica! Ci ha pensato già Sibilia (M5S) ad invitare la terza carica dello Stato a farsi una “ripassatina” del regolamento che dovrebbe conoscere a memoria. Adesso, con tutta umiltà, forniamo alla Badessa la definizione del termine italiano “sessismo” usando la definizione che ne da il vocabolario Treccani:

sessismo s. m. [der. di sesso, sul modello di razzismo e per influsso del fr.sexisme e ingl. sexism]. – Termine coniato nell’ambito dei movimenti femministi degli anni Sessanta del Novecento per indicare l’atteggiamento di chi (uomo o donna) tende a giustificare, promuovere o difendere l’idea dell’inferiorità del sesso femminile rispetto a quello maschile e la conseguente discriminazione operata nei confronti delle donne in campo sociopolitico, culturale, professionale, o semplicemente interpersonale; anche, con sign. più generale, tendenza a discriminare qualcuno in base al sesso di appartenenza.

Ben consci che la “discriminazione” non è mai una delle finalità della satira, ci sarebbe da chiedere alla Boldrini, dove sta la “discriminazione di genere” nella satira andata in onda sulla Rai? Come mai questa parola è sventolata in ogni partecipazione televisiva quasi come se fosse un brand? Però la Boldrini è una intransigente e continuerà a restare ferma nelle sue prospettive di giudizio. Del resto poco importa se l’attrice in questione è una donna e si chiama Virginia Raffaele. O forse ha pensato che “Raffaele” fosse il nome e “Virginia” il cognome? Forse la Badessa farebbe meglio a concentrarsi su questioni un tantino più importanti, ce ne sono proprio tante in Italia di cose che non vanno: le pensioni, il lavoro, la cassa integrazione, le tasse, la svendita del patrimonio pubblico, gli esodati, la terra dei fuochi, le bonifiche, la quasi totale assenza di impianti di riciclaggio, le piattaforme petrolifere, le trivellazioni in luoghi sismici, l’inquinamento di falde acquifere, la poca chiarezza in merito alla tutela dello Stato per i minori comunitari, la mancanza quasi totale di welfare, l’assenza di un vero e proprio piano dell’immigrazione, conflitti d’interessi, leggi porcata, la nuova legge elettorale che non è altro che un pastrocchio incostituzionale. Tanto, troppo altro. I problemi dell’Italia pesano come un macigno e ormai si stanno moltiplicando all’ennesima potenza.

Ma da buona amministratrice dello spirito degli italiani, la Badessa ha altri argomenti. Pur non comprendendo nulla di marketing, criticò in aula persino lo spot della Barilla dove una mamma, amorevole e premurosa, serviva a tavola una pasta cucinata con sapienza. Per l’amor di Dio! Queste donnine relegate ai fornelli nel loro ruolo di schiave! Dio deve essere stato un maschilista se alla donna ha donato le tette con cui, quelle povere martiri allattano i neonati. Che scelta sessista, e senza nemmeno interpellarle! Questo Dio eversivo della democrazia e del libero arbitrio rischia di far arrabbiare seriamente la Badessa…

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L'AUTORE
Giornalista pubblicista nasce a nel cuore di Napoli ma vive in molte città italiane, dopo aver compiuto studi umanistici si interessa al mondo editoriale con particolare attenzione alla politica, ambiente e geopolitica.
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