Jack Lamura: una vita “on the road”

5 Aprile 2014
Laura Berlinghieri
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gg Ditelo un po’: quegli artisti di strada dall’aspetto trasandato, con quelle scarpe che chissà quanto asfalto avranno battuto, e che con la voce e una chitarra riescono a fermare le giornate di decine di passanti distratti vi affascinano eccome. A volte ci si vorrebbe fermare a parlare, ma è incredibile quanto certi pregiudizi sulla “gente della strada” ancora pesino. Eppure nelle serate di Vienna è impossibile non rimanere incantati da quei ragazzi che, belli nei loro abiti eleganti, inebriano l’aria della città con pianoforti, violini e strumenti di ogni risma. E visto che io l’amore per gli artisti di strada lo nutro da tempi paleolitici, ho voluto seguire Jack Lamura, un chitarrista milanese di ventisette anni che un bel giorno ha deciso di lasciare tutto, il suo lavoro, la sicurezza di una casa, per vivere di musica. E così, con la sua chitarra, ha iniziato a girare le piazze del nord Italia. Poco importavano freddo e neve, tanto ci sarebbe sempre stato qualcuno che gli avrebbe offerto un buon bicchiere di vin brulè. E così, giorno dopo giorno, si è costruito una nuova dimensione. Una realtà fatta di piccole cose: fatta di qualche panino regalato, e soprattutto dei sorrisi della gente. Racconta Jack: «Uno dei ricordi più intensi di questa esperienza è stato quando una mattina, a Trento, ci siamo messi a suonare a qualche metro da alcuni senzatetto. A un certo punto uno di questi si è alzato, è venuto verso di noi con il suo bicchiere di vino e ci ha detto: io non ho niente, non una casa, né un lavoro, ho solo questo schifo di vino. Ma voi, ragazzi, siete bravi e io oggi sono felice».
E allora avrei un invito da fare a tutti quei catastrofisti che hanno inderogabilmente sentenziato sulla fine della musica. Sì, un invito a seguire Jack Lamura e la sua simpatica combriccola per le strade di Trento, di Torino, di Milano… E poi lasciarsi andare. Magari con in mano un bicchiere del peggior vino. Ma con intorno l’affetto della gente. L’affetto più vero e inaspettato, perché conseguenza della semplice musica. E quella ti frega sempre, maledetta! Quando cammini, mentre sei seduto su una panchina. La musica è gelosa, mica perdona, e ti vuole tutto per sé. Sì, quando meno te l’aspetti.

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