Comprendere i Conflitti Armati attraverso Google Earth: il Caso del Sudan

9 Maggio 2014
Redazione YOUng
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 Alcuni giorni fa l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha pubblicato un rapporto sulla situazione del conflitto in Sudan. Il rapporto stima che il numero di sfollati nel Darfur meridionale sia intorno a 47.878.

Sudan

L’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura, invece, ha stabilito che quasi 900.000 persone sono state sfollate a causa della violenza nel Sudan del Sud da metà dicembre. Inoltre, l’Ufficio delle Nazioni Unite per il Coordinamento degli Affari Umanitari ha dichiarato che un totale di 6,1 milioni di persone ha bisogno di assistenza umanitaria in Sudan.

A differenza di molti studi, che si concentrano sulle origini e le conseguenze del conflitto in Sudan, quest’articolo analizza tali scontri da una prospettiva diversa; infatti, esplora l’uso delle nuove tecnologie durante i conflitti e i limiti di quest’ultime nello spiegare la complessità umana. In particolare, l’articolo mostra che Google Earth non è solo uno strumento inaffidabile per capire i conflitti, ma pone anche questioni importanti che riguardano la privacy, la sicurezza nazionale, e la redditività dei conflitti. Nella prima parte si esamina il ruolo di Google Earth nel fornire informazioni e nel sensibilizzare il pubblico riguardo alla crisi del Darfur, e nella seconda parte vengono fornite alcune informazioni di base sulla situazione nella regione del Sudan – con il termine “regione del Sudan” si fa riferimento alla zona geografica che comprende il Sudan, il Darfur e il Sudan del Sud.

Le nuove tecnologie stanno diventando progressivamente importanti nella diffusione d’informazioni non solo riguardo ai conflitti, ma per qualsiasi branca del sapere. Quando qualcuno non sa qualcosa la prima cosa che fa è quella di cercarla su Google. Come risultato, Google e le sue applicazioni diventano fonti d’informazione: le notizie si basano sempre più sul web per mostrare ciò che sta accadendo in tutto il mondo. Un esempio di ciò è l’uso di Google Earth per fornire informazioni nelle aree remote di guerra come l’Iraq, l’Afghanistan e il Sudan; ma siamo sicuri che Google Earth fornisca informazioni accurate? Uno studio dell’University of California solleva alcuni dubbi sull’affidabilità di Google Earth in merito al conflitto nel Darfur.

Come mostra la ricerca, nel 2007 il United States Holocaust Memorial Museum (USHMM) e la società privata Google hanno lavorato insieme ad un progetto per trasformare Google Earth in una piattaforma in grado di fornire informazioni e prove sul conflitto in Sudan. Per visualizzare il progetto è sufficiente scaricare Google Earth (o collegarsi alla piattaforma on-line), entrare nella Galleria di Earth, cliccare su Emergenze umanitarie, e selezionare USHMM: Crisi nel Darfur. Dopo aver cliccato sulla crisi nel Darfur, l’utente vede la regione del Darfur composta d’immagini satellitari americane acquisite tra il 2004 e il 2007 attraverso le quali è possibile vedere video e foto di villaggi bruciati, di gente sfollata, e molto altro.Qui di sotto sono riportate alcune immagini prese direttamente da Google Earth.

In numerose conferenze si è posto l’accento sui valori delle tecnologie nel fornire informazioni utili in aree remote, ma nonostante il progetto tra USHMM e Google si fondi su nobili ragioni – sensibilizzare il grande pubblico – esso solleva anche alcune domande. Come Lisa Parks, autrice della ricerca, spiega:

La maggior parte della rassegna stampa ha diffuso l’idea che le informazioni contenute nel progetto sulla crisi in Darfur siano semplicemente ‘vere’ o ‘esporrebbero la verità’. […] Comunque, sia le immagini satellitari alle quali viene dato lo status di ‘verità’ e sia altre illustrazioni visive presentate in Google Earth, hanno bisogno di essere valutate e contestualizzate con maggiore attenzione, piuttosto che semplicemente adottate come ‘reali’. Usare solo le immagini satellitari potrebbe non essere sufficiente a determinare con precisione chi abbia bruciato alcuni villaggi.

Inoltre, abbiamo bisogno di ricordare che, oltre al fatto che le foto su Google Earth inquadrino singoli corpi piuttosto che le complesse dinamiche della violenza politica nella regione, Google rimane una società privata statunitense, e come tale è guidata dal profitto. Di conseguenza, è naturale chiedersi non solo se Google stia facendo profitti dalle zone di guerra, ma anche se rappresenti un problema di sicurezza nazionale lasciare che una società privata detenga immagini satellitari e altre raffigurazioni di paesi stranieri nel suo database. Come spiega Parks:

Il punto qui è che Google fa parte di un sistema economico globale che è stato organizzato per consentire alla società privata degli Stati Uniti di trarre profitto dall’erosione della sfera pubblica, dello Stato, del finanziamento delle ONG per tutti i tipi di programmi, ma soprattutto dei conflitti, dei disastri e dei servizi connessi alla sicurezza.

Tuttavia, il dibattito sulla sicurezza nazionale e l’influenza geopolitica delle corporazioni private va oltre lo scopo del presente articolo; piuttosto,  si vuole porre l’accento sulle difficoltà di rappresentare la complessità dei conflitti armati in aree remote come il Sudan.

Al fine di comprendere i conflitti in Africa, è importante tenere a mente che i confini legali del continente sono una conseguenza della colonizzazione europea più che una reale espressione delle differenze tra le popolazioni che risiedono in tali territori; infatti, ogni stato africano comprende molteplici identità. Sudan, Darfur e Sudan del Sud non rappresentano un’eccezione in questo, e sono un grande esempio di multiple identità costrette a vivere entro confini non rappresentativi di esse.

Il Darfur è diviso amministrativamente in tre stati: West Darfur e la sua capitale (El-Genaina), Nord Darfur (El-Fasher), e Sud Darfur e la sua capitale Nyala. El-Fasher è considerata la capitale della regione. Inoltre, tale regione include da quaranta a 150 tribù, con Fur, Zaghawa e Massalit che rappresentano i clan più importanti.

Il Sudan del Sud è amministrativamente composto di dieci membri: Upper Nile, Capitali (Malakal), Central Equatoria (Juba) Laghi (Rumbek), Eastern Equatoria (Kapoeta), Northern Bahrel-Ghazal (Aweel), Warab (Warab), Unity State (Bentiu), Western Bahrel-ghazal (Wau), Eastern Equatoria (Yambio) e Jonglei (Bor). Le sue tribù abbracciano fedi diverse, incluso l’Islam, il Cristianesimo e le credenze indigene africane.

Per quanto riguarda il Sudan, esso include le regioni dell’est, del nord e le regioni centrali, che sono rispettivamente suddivise in tre, due e sette stati, e che comprendono a loro volta diverse tribù, religioni e lingue. Le mappe sottostanti rappresentano visivamente tali divisioni.

Quando i media presentano i conflitti nella regione del Sudan, tendono regolarmente a ridurli in Nord contro Sud o arabi contro africani. Come spiega David Campbell:

Il problema è che questa comprensione dicotomica trascura che gli arabi del Darfur siano neri, indigeni, africani e musulmani, proprio come i non arabi del Darfur. Questo non vuol dire che l’idea di ‘arabi’ contro ‘africani’ non sia rilevante per quanto riguarda il Darfur. Al contrario, rimane un punto vitale focale di qualsiasi analisi, ma deve essere inteso come una frattura politica contemporanea piuttosto che come un’antica faglia etnica. Inoltre deve essere inteso come conseguenza della violenza piuttosto che una causa del conflitto.

In una serie continua di saggi del Centro per gli Studi Internazionali del Massachusetts Institute of Technology (MIT), Francis M. Deng afferma quanto segue:

Va rilevato che ciò che genera il conflitto non è la semplice diversità di identità, ma le implicazioni di tali differenze nella condivisione del potere, della ricchezza, dei servizi sociali, e delle opportunità di lavoro e di sviluppo.

Poi, suggerisce che:

Oltre a rispondere ai bisogni umanitari immediati del Darfur, la comunità internazionale dovrebbe concentrare i suoi sforzi per aiutare il Sudan a sviluppare un quadro di trasformazione basato sull’accettazione del pluralismo e della piena parità di cittadinanza.

In conclusione, i conflitti in Africa e in tutto il mondo sono ricorrenti, e per comprendere le loro dinamiche è essenziale esaminare la complessità di ciascun paese. Da un lato, Google e Google Earth hanno la capacità di diffondere enormi quantità d’informazioni e non solo in materia di conflitti, dall’altro lato,queste nuove tecnologie pongono alcune domande riguardo all’affidabilità dei dati forniti e riguardo ai rischi per la sicurezza nazionale di qualsiasi paese. Il Sudan, il Sudan del Sud, e il Darfur sono un grande esempio di complessità, e al fine di esaminare le cause dei conflitti in questa regione è essenziale partire dallo studio delle dinamiche storiche e politiche delle sue tribù, delle sue credenze, lingue e gruppi etnici.

cross-post via ilglobo.eu

Fonti:

Francis Deng. “Sudan at the Crossroads,” MIT Center for International Studies Audit of the Conventional Wisdom, 07-05,March 2007;
David Campbell, Geopolitics and visuality: Sighting the Darfur conflict, Political Geography, Volume 26, Issue 4, May 2007;
Lisa Parks, Digging into Google Earth: An analysis of “Crisis in Darfur”, Geoforum, Volume 40, Issue 4, July 2009;
World Health Organization, Situation Report Sudan Displacements 10 March 2014;
For the current ethnic composition: www.sudanembassy.org;
For Maps and additional information: Office for the Coordination of Humanitarian Affairs (OCHA) www.unocha.org
Food and Agricolture Organization: www.fao.org

 

L'AUTORE
La redazione di YOUng
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