Ecco perchè la Spagna sta (un pò) meglio di noi

20 Maggio 2014
Valentina Sanseverino
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La vita costa meno, le infrastrutture sono messe meglio, i servizi pubblici funzionano, il PIL pro capite è leggermente più alto che da noi e gli spagnoli sanno come godersi la vita!

download (2)Dati alla mano, a metà del 2014 il nostro vicino iberico se la passa molto meglio di noi. La ricetta? Prestiti da parte della Troika, riforma del lavoro e delle pensioni e tagli per 65 miliardi di euro in due anni: scelte impopolari e contestate ma che oggi cominciano, timidamente, a pagare. Certo non si può ancora parlare di uscita dalla crisi, con un tasso di disoccupazione che supera il 25%, l’aumento del debito pubblico e del deficit e la dipendenza economica da esportazione e turismo. Ma la crisi del 2011-2012 scaturita dallo scoppio della bolla del mercato immobiliare, cresciuto oltremisura nella prima fase dello scorso decennio e poi divenuto spina nel fianco del sistema bancario, appesantito da asset immobiliari deteriorati, comincia a dissiparsi e all’orizzonte si scorge il sereno. Merito, secondo gli economisti, del sostegno di 40 miliardi di euro ricevuti dal Fondo Monetario Internazionale, la Commissione UE e la Banca Centrale Europea e della cosiddetta “operazione trasparenza”, un severo programma di controllo e vigilanza che ha ripulito i bilanci degli istituti di credito dagli asset tossici, che ha riportato nel paese gli investitori internazionali. E se la Spagna ci supera in termini di crescita del Pil, nuovi posti di lavoro creati e spread con il Bund è certo merito della sua economia – il differenziale della Spagna viaggia a 189 punti base col rendimento dei Bonos al 3,78 e i suoi titoli hanno un rendimento in discesa al 3,82% dal 3,90%, mentre l’indice Ibex di Madrid tocca i massimi da 5 anni a 10.071,10 punti – ma anche della stabilità politica. Il governo di Rajoy, pur contestatissimo, ha approvato la riforma previdenziale che ha innalzato a 65 anni (67 dal 2027) il limite dell’età pensionabile e che ora registra un regime contributivo basato sugli ultimi 16 anni lavorativi; secondo Moncloa, una volta terminato il percorso di adeguamento, questa riforma farà risparmiare almeno 10 miliardi l’anno.

Riforme anche nel mercato del lavoro: nuovi e più flessibili contratti di apprendistato, un fondo per l’incentivazione all’assunzione dei giovani e dei disoccupati con età superiore a 45 anni, permesso di fare straordinari anche per i lavoratori part-time, giro di vite sui dipendenti pubblici congelamento delle tredicesime e taglio alle risorse non necessarie.

136838065274102-2colInsomma la Spagna sa stare al passo coi tempi: se Troika deve essere, Troika sia ma con la massima trasparenza; se i contratti a tempo indeterminato sono ormai solo un pallido ricordo, che flessibilità sia, ma con tutti i diritti del caso; e, sopratutto, credere nella forza del suo popolo. Che rispetto a noi italiani se la spassa di più, non ha paura di spendere i pochi soldi che ha in tasca, investe tutto quello che può nel turismo e non si tira indietro quando si tratta di scendere in piazza. In Spagna scioperi, manifestazioni e rivolte sono all’ordine del giorno e paralizzano spesso i grandi centri come le piccole città. Dietro gli striscioni non si vedono solo studenti e centri sociali, ma anziani, famiglie con bambini, tutte le categorie di lavoratori, non importa chi abbia indetto la protesta: segno di un paese che è vivo, che respira, che punta il dito e alza la voce, che non ha ancora perso la facoltà di indignarsi.

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