Il M5S al bivio

28 Maggio 2014
Redazione YOUng
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beppe-grilloNon più di qualche giorno fa scrivevo su FaceBook una sommaria analisi del voto europeo, nella quale evidenziavo come per il M5S si ponesse, in ragione del notevole risultato conseguito (ben 17 eurodeputati eletti) la questione di decidere a quale famiglia politica europea prendere parte.

Tra le opzioni possibili, due mi sembravano, e mi sembrano anche oggi, le più rilevanti e “papabili”. Da un lato quella di unirsi al gruppo degli euroscettici – assieme all’UKIP inglese, al FN francese e all’OEVP austriaco – e dall’altra quella di far parte degli European Greens. La conferma che queste, e non altre, fossero le scelte più plausibili per il M5S mi arriva da un lato dal viaggio a Bruxelles fatto da Beppe Grillo per incontrare Farange, e dall’altro dalle posizioni espresse in rete da una parte rilevante degli attivisti ed eletti pentastellati che, invece, si dichiarano favorevoli all’ingresso nei Verdi Europei o, in via molto minoritaria, al GUE/NGL. Si tratta di un’oscillazione fra opzioni politiche radicalmente diverse tra loro, ma che stupisce solo quei ritardatari che ancora si aggirano fra le macerie del ‘900 e non hanno afferrato la natura fortemente post-ideologica del M5S.

È chiaro che questa scelta avrà un ruolo determinante nel decidere quale sarà il futuro del movimento, ed è su questo argomento che vorrei condividere alcune riflessioni sparse.

Innanzitutto quella della rilevanza politica. In entrambi i casi il M5S diventerebbe uno dei partiti maggiori dei due gruppi (il più forte, nel caso dei Greens) e, conseguentemente, l’Italia diventerebbe il Paese con il partito Verde o euroscettico più grande d’Europa. I pentastellati andrebbero quindi a giocare un ruolo molto determinante che proietterebbe il M5S al centro dell’agone politico europeo; una posizione in grado di dare parecchio filo da torcere alle larghe intese PPE/PSE/ALDE.

Il M5S rischia, però, anche di attestarsi sulla scelta di non scegliere, cioè di non collocarsi in nessun gruppo europeo, decidendo di volta in volta quali provvedimenti votare, e presentando provvedimenti di volta in volta cercando il consenso di diversi gruppi. Sarebbe, questa la scelta peggiore in assoluto, quella che condannerebbe il M5S a conclamare una totale insignificanza. Vediamo perché.

Il “modello Sicilia”, quello in cui si votano solo i provvedimenti in linea col programma M5S è fallito clamorosamente per asfissia politica, oltre che per la strumentalità del PD. Perché in realtà in politica non esistono i “singoli provvedimenti”, ed aggiungerei per fortuna. La politica è una cosa molto più articolata nella quale o c’è una visione complessiva della direzione nella quale si vuole andare, oppure sopraggiunge rapido il caos e lo sfascio. Per capirci: i provvedimenti per rilanciare l’impresa richiedono una più stringente legislazione ambientale (per impedire i disastri ILVA style); più controlli ambientali necessitano di risorse da reperire in bilancio, ma senza gravare sui consumi per non vanificare il rilancio delle imprese…

Ecco perché non esiste una cosa come “i singoli provvedimenti”; per realizzare una strategia di governo capace realmente di incidere sui processi bisogna agire su più fronti e con passaggi successivi. Sarebbe plausibile votare SI per il rilancio dell’impresa, SI per i maggiori controlli ambientali, ma NO alle necessarie manovre di bilancio? Ciascuno di noi risponda come meglio crede. Ed in Europa questo meccanismo è ancora più amplificato, esplicito, complesso e, se vogliamo, nobile. Perché la partita delle grandi scelte europee riguarda i temi cardine del futuro non solo dell’Italia o dell’Europa, ma dell’intero pianeta: la sicurezza alimentare e gli OGM, il trattato di libero scambio con gli USA che comprimerebbe ulteriormente i diritti dei lavoratori europei, l’intrusione di big pharma nei sistemi sanitari, il reddito di cittadinanza come parte di un complessivo (ed inclusivo) welfare europeo: sono tutti obbiettivi che si possono traguardare solo se fanno parte di una visione organica della politica e dei provvedimenti da prendere. Altrimenti il meccanismo si inceppa prima di subito.

Sono consapevole che il punto d’osservazione italiano di tutta questa vicenda è fortemente distorto e che per molti attivisti pentastellati scegliere una famiglia politica europea rischia di riverberare delle stesse note stonate del tema delle alleanze coi partiti italiani. Ma, per fortuna, le cose all’europarlamento stanno molto diversamente. Per carità, anche a Bruxelles non è tutto rose e fiori; la corruzione c’è anche lì e le grandi multinazionali operano un continuo pressing lobbistico, ma la qualità, la decenza e la preparazione media della classe politica europea è smaccatamente migliore di quella italiana, tanto da rendere la dinamica radicalmente diversa da quella nostrana. In europa non solo scegliere una famiglia politica è una opzione pienamente dignitosa, ma è anche indispensabile. Se il M5S si mettesse all’angolo a Bruxelles conclamerebbe la sua totale insignificanza. A quel punto gli eurodeputati a cinque stelle potrebbero anche restituire il 99% dello stipendio percepito: si tratterebbe comunque di soldi buttati per l’impossibilità di incidere realmente in qualsivoglia processo politico di ampio respiro, come sono i progetti di cui abbiamo disperatamente bisogno in Europa (ed anche in Italia) per non affogare nella miserabile palude del presente.

Non mi sfugge, infine, che proprio perché si tratta di una scelta strutturale che andrebbe a determinare in maniera decisiva la fisionomia del M5S, è comprensibile il timore che essa potrebbe spingere qualcuno ad abbandonare il movimento, e che per questo motivo è forte la sirena dell’isolazionismo.

Ma, ancora più importante di cosa sceglierà il M5S, è fondamentale il come questa scelta avverrà. Nel M5S si era parlato, anche se in via ufficiosa, di un referendum online fra tutti gli attivisti per prendere questa cruciale decisione. La capatina a Bruxelles di Beppe Grillo seppur non archivia questa ipotesi, vi getta un po’ d’ombra. Ma questa prassi sarebbe veramente la mossa del cavallo per il M5S, quella cioè di utilizzare la rete per affidare agli iscritti un momento così importante per la vita democratica del loro movimento. Inoltre, la consultazione plenaria online è l’unica – a mio avviso – che per sua natura renderebbe accettabile l’opzione scelta a maggioranza anche ai contrari, proprio in virtù della sua immediatezza (letteralmente mancanza di mediazione politica e dirigismo). Invece una decisione calata dall’alto, qualche che essa fosse, avrebbe il torto di ratificare l’eccesso di verticismo ed autocrazia che in molti imputano al M5S sin dalla sua nascita e – questa si – di provocare fratture non sanabili all’interno del movimento.

L'AUTORE
La redazione di YOUng
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