Iraq e Ucraina: Campi di Battaglia per guerre contemporanee

17 Giugno 2014
Redazione YOUng
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In Iraq i Jihadisti Sunniti si scontrano ormai da anni contro i Nazionalisti Sciiti. Una lotta che fonda le radici all’epoca della dittatura di Saddam Hussein, quando la minoranza sunnita prese il potere, perseguitando la maggioranza sciita. Oggi la situazione si è ribaltata, non certo in maniera morbida.

Iraq-Isis-638x425 (1)L’ISIS (Milizie dello Stato Islamico dell’Iraq) uccide a Tikrit, villaggio natale di Saddam, eliminando 1700 prigionieri. il Governo di Bagdad nega tutto ma l’ONU conferma. Le immagini dell’eccidio, che hanno fatto il giro del mondo, parlano da sole. La testa di un uomo di venta una palla da gioco e viene postata su Twitter con l’hashtag #WorldCup. Vecchi odi, episodi che si convengono spesso a storie di malavita, come quando nel 2006 al Zarqawi, leader di al Qaeda, venne ucciso in un reid aereo nei pressi di Baquba; una vendetta made in USA per punire lo sgozzamento in video del soldato Nicholas Berg, nel 2004. Ci sono forti sospetti che Zarqawi sia stato tradito proprio da bin Laden, che lo riteneva – pensate un po’ – troppo sanguinario.

Sono tempi duri per i Sunniti, che lo scorso 16 giugno subiscono un nuovo attacco aereo a Falluja, presso Bagdad, dove muoiono 200 persone; nella Capitale ci sono gli Americani, che difendono con un manipolo di 100 militari la loro ambasciata. Il Segretario di Stato Kerry già valuta la «opzione» di utilizzare i droni per difendere l’unità dell’Iraq, come se ci fosse mai stata. Si apre anche un tavolo WashingtonTeheran. L’Iran sciita, vecchia nemica dell’Iraq sunnita, non vuole saperne per il momento di accordi militari con gli Stati Uniti; gli interessi principali sono focalizzati a Vienna, dove i due paesi hanno avviato le trattative per la gestione degli armamenti nucleari. Di fatto si sa che le due potenze stanno già rimpinguando i contingenti militari. Questo non piace tanto a Teheran, quanto a Bagdad, che non vogliono una gestione straniera della crisi.

Chelsea-ManningDel resto Chelsea Manning rende noto sul New York Times quel che tutti sapevamo già – come al solito – ovvero, che le elezioni del 2010 in Iraq, mostrate come idilliache da gran parte della stampa, in realtà nascondevano una situazione tutt’altro che “democratica” – qualsiasi cosa significhi ormai questo termine – dove gli oppositori venivano eliminati anche con atroci torture. Solo 12 giornalisti vennero autorizzati a documentare la situazione, con forti limiti nel trasmettere le informazioni.

«Divide et impera» si diceva un tempo. Sembrerebbe che le divisioni religiose o etniche siano il piatto forte di questo decennio per gli Americani. Come si è visto in Ucraina. Oggi Gazprom azzera le trattative con Kiev, rea di non rispettare i pagamenti – i prezzi sono diventati alquanto esosi – con la per niente imprevista chiusura dei rubinetti anche l’Europa potrebbe risentirne, eppure nella vicenda l’UE mantiene un ruolo di mediatore esterno. Tanto ci pensano gli Americani a coprire l’eventuale domanda. Del resto nessuna nuova sanzione è prevista nei confronti di Mosca; l’Europa ha imparato dall’Italia il ruolo di amante tra due amanti. L’effettiva divisione politica e al suo interno (tutti amici o nemici della formica tedesca) dovrebbe anche farle raccogliere le stesse delusioni internazionali del Bel Paese.

La partita si gioca a tre: USA, Russia e Iran. L’Europa sembra essere il grande assente, forse perché non esiste, se non come unione di sistemi bancari.

L'AUTORE
La redazione di YOUng
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