Mitologia greca: Fedra

20 Giugno 2014
Redazione YOUng
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Alexandre Cabanel, PhèdreAh, le donne, le donne! Cambiano i secoli, le mode e i costumi, ma le donne restano immutate nelle loro virtù. Ci pensano poi gli Dei a tramutare tali virtù in vizi e, molto più spesso di quanto si possa immaginare, in vere e proprie disgrazie. La donna ama di cuore, d’istinto. Ama se stessa, ama i compagni che sceglie per la vita, ama i figli e la prole in genere. Ogni tanto succede, però, che qualcosa vada storto -il fato? lo zampino degli dei, appunto?- ed ecco pronta la tragedia dietro l’angolo.

Tragica, quindi, sarà la storia che voglio raccontarvi, ricca d’amore e di passione, nonché di morte e distruzione: la storia di Fedra.

Fedra viveva a Creta ed era figlia di Minosse e Pasifae, sorella della forse più nota Arianna e sorellastra del conosciutissimo Minotauro. In verità, fratelli ne ebbe parecchi perché a Minosse e Pasifae sono attribuiti molti figli, fra cui un Deucalione, omonimo di quello celebre del diluvio universale. Una gran bella famiglia, non c’è che dire: una mamma che concepisce un erede con un toro, un padre che dà in pasto al figliastro sette fanciulle e sette fanciulli ogni volta che può e una sorella che, cieca d’amore, si fa piantare in asso – in (N)asso, l’isola, secondo la tradizione- dal baldo Teseo, colui che interruppe il tributo di giovinetti al Minotauro uccidendolo, ma solo perché Arianna l’aveva aiutato. Avrei voluto vedere quanto figo sarebbe stato lui, senza l’aiuto della principessina. Al massimo, avrebbe fatto da contorno al fiero pasto del mostro, altro che storie.

Dicevamo, quindi, una bella situazione familiare. Ai giorni nostri, i servizi sociali sarebbero stati attivati in un batter d’occhio. All’epoca ci si dava aiuto in altri modi. Tant’è che la nostra Fedra finì in sposa proprio a quel Teseo che aveva malamente scaricato la sorella. Pare fu il fratello Deucalione a combinare il matrimonio, per suggellare una qualche alleanza. Com’è e come non è, Fedra si trovò a fianco di Teseo, re di Atene, non prima che lui avesse ripudiato la prima moglie.

Qui cominciano le prime avvisaglie di dolenti note.

Non c’è nulla di grave nel ruolo della seconda moglie, per carità. Bisogna però tenere sempre presente chi sia stata la prima, valutarne il grado di pericolosità e, in caso di riscontri gravi, darsela a gambe il prima possibile. La prima moglie di Teseo era Antiope, regina delle Amazzoni, gente non proprio tranquilla. Una volta sancita l’alleanza fra Deucalione e Teseo, fu organizzato il matrimonio e Antiope fu gentilmente invitata a togliere il disturbo. D’accordo che le Amazzoni siano donne guerriero, forti ed invincibili, ma sono pur sempre donne e non immuni al sentimento tipico della donna scartata e messa via: la madre di tutte le umane sventure, la gelosia. Antiope non gradisce molto la presenza della nuova sposa e decide di auto-invitarsi al banchetto di nozze, lei con le sue seguaci, per ammazzare tutti. Un modo come un altro per augurare lunga vita agli sposi.

Teseo, nonostante non si sia mai capito se fosse innamorato o no della nuova sposa, si sente in dovere di proteggere il suo banchetto nuziale: fa circondare ed uccidere la sua ex amata. La storia d’amore di Fedra non è ancora ben ben iniziata, e già il sangue scorre a fiumi.

Trascorrono gli anni, Fedra è la moglie di Teseo, gli scodella un paio di pargoli e tutto pare filare per il verso giusto. Sembra persino che si amino, ma solo perché quasi mai ho letto del contrario. Una storia insipida, come molte dei giorni nostri, senza infamia e senza lode. Ma per gli antichi non c’è storia che si rispetti che non abbia un turbinio di passioni, anche a costo di far interagire Dei con uomini. La vita di Fedra non può esserne immune.

Il suo caro consorte, dopo aver eliminato la prima moglie, aveva anche congedato il frutto del loro amore, Ippolito. Questi, affidato al re di Trezene, Pitteo, diventò l’erede al trono di quel paese, cosicché non avanzasse pretese sul trono di Atene. Ippolito, come la madre, era devoto alla dea Artemide; dedicò un tempio a quest’ultima in quello che riteneva il suo legittimo regnò e da lì si scatenò il putiferio.

La dea Afrodite, infatti, vide in quella devozione un vero e proprio affronto a se stessa e mise immediatamente in atto una sottilissima vendetta. Fece sì che l’ignara Fedra si innamorasse perdutamente del proprio figliastro.

Capirete benissimo lo sconcerto di questa povera principessa finora vissuta all’ombra di un marito di cui era stata innamorata la sorella, con un banchetto di nozze tutto da ricordare, in una città abbastanza lontana dalla quiete della sua Creta in cui, al massimo, ci si poteva perdere dentro un labirinto (o innamorare di un toro, come fece la madre).

Fedra si strugge d’amore, quindi. Una forte, logorante e colpevole passione la incatena ad Ippolito e lei non sa che fare. Si tratta di incesto, secondo la tradizione, anche se tecnicamente lei ed Ippolito non hanno geni in comune: si vede che c’era bisogno di un capro espiatorio per tutti i peccatacci degli antichi Greci e la scelta è ricaduta su Fedra, ché altrimenti si spiega molto poco in cosa consista la colpa di lei: se enumerassi le atrocità che mi vengono in mente adesso in fatto di tradimenti e innamoramenti illegittimi, faremmo notte.

Fedra è innamorata, dunque, e può percorrere solo tre strade: tacere, confidarsi con qualcuno, parlare direttamente con il suo amato bene. Qui la tradizione prende, come il più delle volte, vie diverse. C’è chi sostiene che la sventurata si confidò con un’anziana nutrice che la spinse a dichiararsi ad Ippolito, c’è chi sostiene che fu la nutrice stessa a spifferare il tutto al ragazzo. Su una cosa tutti concordano: la reazione sdegnata di Ippolito, che gettò nel baratro più profondo la nostra Fedra.

Una donna rifiutata soffre, che sia una comune mortale, una principessa o la protagonista di un mito immortale. Soffre anche quella che nega di soffrire, soffrono tutte indistintamente; l’unica distinzione è fatta dalle reazioni.

Chi si chiude nel silenzio, chi si vendica come può, chi cerca subito un nuovo amore, poi c’è persino chi si uccide. Fedra sceglie quest’ultima, dolorosa strada. Né la prima né l’ultima, su questa terra, altre l’hanno preceduta e seguita nei secoli dell’umana storia.

Fedra, però, prima di impiccarsi per il disonore del rifiuto, fa appello a tutto l’ingegno diabolico che una mente può partorire e attua la sua vendetta. Lei morirà, ma lascerà una scia di disperazione e morte dietro di sé. Si lacera le vesti, Fedra, simula una violenza e accusa -disperata- il figliastro. In questo frangente, Teseo era ritornato bel bello dall’Ade ché aveva da rapire Proserpina -ciascuno coi propri impegni!- e tutto avrebbe immaginato, tranne di trovare la moglie morta e il figlio di primo letto accusato di violenza sessuale. Proprio Ippolito, poi, casto e pio come pochi! La reazione di Teseo è tremenda: maledice il figlio e ne invoca la morte. Ippolito morirà in modo atroce, ma magari questo ve lo racconto la prossima volta.

Al momento, mi piace spendere qualche altra parola per una donna a mio avviso un po’ bistrattata dalla tradizione, marchiata come infame per l’insano desiderio di sedurre il figliastro e la perfidia con cui attuò la sua vendetta. Voglio vedere in lei solo lo sfortunato braccio con cui ebbe compimento il disegno divino di Afrodite, offesa da Ippolito e determinata a punire questo nel più efferato dei modi.

Il tragediografo Racine (seconda metà del 1600) dà una semi-assoluzione a questa donna, sottolineando come questa non potesse operare bene né male perché schiacciata dal peso del Destino, assolutamente sconosciuto agli uomini e da essi ingovernabile.

Un’assoluzione dovuta, secondo me, in virtù di un’innocenza sfruttata da una dea, abbattuta dalla possente forza dell’amore e macchiata da una cattiveria nata, di conseguenza, dalla disperazione.

L'AUTORE
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