In memoria di Alan Turing, scienziato della libertà

23 Giugno 2014
Redazione YOUng
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Possiamo vedere solo poco davanti a noi, ma possiamo vedere tante cose che bisogna fare.
Alan Turing

Il 23 giugno del 1912 nasceva Alan Turing, oggi considerato il padre del calcolo elettronico e dell’Intelligenza Artificiale. Morto suicida all’età di soli 41 anni, Alan Turing creò la macchina che consentì al controspionaggio britannico di decifrare i codici nazisti nel corso ella Seconda Guerra Mondiale. E’ stato proprio il suo decisivo contributo come crittoanalista a consegnare il suo nome alla storia.

Nel corso della Seconda Guerra Mondiale, i risultati fondamentali da egli ottenuti nella decrittazione finirono per condizionare l’esito della guerra, salvando la vita a migliaia di soldati alleati. I nazisti comunicavano attraverso codici prodotti da una macchina chiamata “Enigma”, che gli Alleati non erano in grado di decifrare. Ci riuscì proprio Turing, tramite una macchina – la “bomba” – messa a punto assieme ai suoi colleghi. Alla fine della guerra ne circolavano più di duecento esemplari. Grazie a questo prodigioso strumento, gli Alleati poterono decifrare le comunicazioni del Reich, riuscendo a trarli in inganno sulla data e il luogo dello sbarco in Normandia.

A onor del vero, gli storici hanno a lungo dibattuto sull’effettivo impatto delle intuizioni di Turing sull’organizzazione dello sbarco. La decisione del governo britannico di dichiarare la sua opera top secret impedì di svolgere un’analisi approfondita su tutta a vicenda, oltreché al grande pubblico di conoscere l’importanza del suo contributo. In ogni caso, per la Germania, la decrittazione dei messaggi targati Enigma sancì l’inizio della fine.

Invece di essere acclamato come un eroe, Turing fu perseguitato fino alla morte. Un giorno, dopo aver scoperto un’irruzione dei ladri nella sua casa, chiamò la polizia, la quale, nel corso dei sopralluoghi, trovò le prove della sua omosessualità, all’epoca considerata reato. Turing fu di fatto “scomunicato” dalle gerarchie accademiche. Nessuno volle più lavorare con lui. Subì un processo e fu condannato ad una terapia ormonale obbligatoria, che ebbe l’effetto di distruggerlo nel corpo e nella mente. Gli crebbe il seno e cominciò a soffrire di turbe psichiche. Alla fine, si uccise nel 1954 mangiando una mela intrisa di cianuro. Si dice – verità? Leggenda? La distinzione fa qualche differenza? – che il logo di Apple, una mela morsicata da un lato, sia un omaggio di Steve Jobs al genio di Turing, quando l’elogio pubblico del genio inglese era visto ancora come inopportuno.

Non si è mai saputo se la condanna e l’ostracismo – come pure l’arrivo dei ladri nella sua casa – fossero il frutto di un destino ingrato o il compimento di un preciso disegno volto a sopprimere un’intelligenza troppo ampia per non essere temuta dai potenti.

Per decenni Turing fu relegato sulle note a fondo pagina di qualche libro di storia. Poi, il lento cammino verso la riabilitazione. La figura di Alan Turing veniva sdoganata negli anni Ottanta da un film per la BBC con Derek Jacobi intitolato “Breaking the Code”. Nel 1999 Il Time Magazine lo nominò uno degli inglesi più influenti del XX Secolo. Nel 2001 fu eretta una statua di Turing a Sackville Park, nella città di Manchester. Alla fine, nel 2009 una petizione online, lanciata dal liberal-democratico John Graham-Cumming, costrinse il governo laburista guidato da Gordon Brown a porgere pubbliche scuse per la scomunica di Turing.

La riabilitazione dell’immagine ha fatto da preludio al recupero sistematico del suo pensiero. Nel suo famoso articolo del 1950 sulla rivista Mind, Turing si chiedeva: Le macchine sono in grado di pensare? Voleva essere una provocazione, destinata a suscitare tanto un dibattito quanto uno scandalo, soprattutto se proposta in una tribuna conservatrice come Mind, la più autorevole rivista di filosofia inglese. Per la verità, Turing non fu mai un convinto sostenitore dell’intelligenza delle macchine. Non certo per mancanza di fiducia nel progresso e nell’ingegno umano, ma perché si convinse che attività come il pensiero e la creatività appartenevano ad un ordine di complessità troppo grande perché potessero ridursi ad una semplice (si fa per dire…) combinazione di pulsanti e circuiti. Aveva insomma fiducia nell’uomo e nelle potenzialità della sua anima, prima ancora che del suo intelletto.

Il 23 giugno 2012 il mondo ricordò il centenario della nascita del grande scienziato con una fitta serie di eventi e manifestazioni. Ultimo passo verso la definitiva – e tardiva – riabilitazione. Il suo non è certamente stato l’unico caso (quelli di Galileo e Giordano Bruno da parte della Chiesa hanno atteso tempi molto più lunghi) di riscatto post mortem, ma uno dei più significativi, questo sì. Verrebbe da dire: meglio tardi che mai. Alan Turing fu un uomo profondamente libero. E se oggi noi europei godiamo di libertà e democrazia, un po’ lo dobbiamo anche a lui.

L'AUTORE
La redazione di YOUng
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