Sfoghi di una giovane vecchia

27 Giugno 2014
Redazione YOUng
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Ho 27 anni, un lavoro per cui tanti ucciderebbero, un ombrellino arancione e sono arrabbiata. Sono arrabbiata perché mi sento come se avessi tre volte i miei anni, come se fossi obsoleta non appena uscita dalla fabbrica, come se il mio tempo fosse già scaduto. Tempo, quello che spreco a rincorrere un mondo che non è il mio, solo per sentirmi dire che ho corso troppo e inutilmente perchè tanto non c’è nulla per me.Quello stesso tempo che mi portano via con inutili passatempi e poi mi chiedono di ricomprare a prezzo maggiorato.

Sono arrabbiata perché “futuro” per me è solo una parola: me l’hanno insegnata quando ero bambina, e da allora non fanno altro che ripetermi che tanto io non ne avrò mai uno, che in passato sono stati poco lungimiranti tuttacolpadellaDC e sistavameglioquandosistavapeggio e stop. Sono arrabbiata perché sulle spalle mie e di quelli come me grava il peso di migliorare un mondo che ci viene lasciato ucciso, violato, consumato e in catene, e di farlo senza mezzi e contro tutti. Bell’affare.

Sono arrabbiata perché sono una diversa, forse da sempre e per sempre, e vortico su un pianeta che non va alla mia velocità né nella mia direzione. Vivo tra due regni, uno fuori di me e uno dentro, e coincidono sì e no una volta ogni mille anni quando è tempo di eclissi. Sono arrabbiata per l’analfabetismo emotivo che mi circonda; per le sindromi di Peter Pan, cascate a fagiolo a giustificare la vigliaccheria umana; per le frasi alla Dawson’s Creek, usate per coprire i silenzi delle teste vuote e dei cuori rinsecchiti; per i danni collaterali, cardiaci e cerebrali causati da questi carrarmati di carne che osano definirsi persone.

Sono arrabbiata con chi chiede scusa dopo aver provocato ferite, come se quello bastasse a redimerli quando tu invece vorresti solo augurargli di perire tra atroci sofferenze. Una ceretta all’inguine, per esempio. Ma non puoi neanche augurare certe cose perchè il karma si sa, poi ti prende di mira. E quindi non ti resta che lanciare strali in versione soft, mitigati di tanto in tanto da qualche benedizione che non ecceda quanto a bontà.

Sono arrabbiata con chi chiama ‘selfie’ l’autoscatto, usa le k a sproposito, e fotografa il cibo come se fosse l’idea più originale del mondo; e sono arrabbiata con chi lo contesta a priori solo perché fa tanto intellettuale e perché “i pandistelle fanno così italiano medio”. Se gli cascasse in testa un pandistelle di una tonnellata, può darsi che la testa gli si riempirebbe di buonsenso anziché di idiozie. Sono arrabbiata con chi incolpa gli altri dei propri fallimenti: i genitori, gli insegnanti chemihannopresodimira, lo stato, la casta (o kasta), le istituzioni, ma mai, mai, mai sé stessi. E sono arrabbiata con chi aspetta che il cambiamento piova dal cielo. Spero siano colpiti dalla pioggia di pandistelle giganti di cui sopra.

Sono arrabbiata perché Facebook mi succhia lentamente la vita, e ora che me ne accorgo mi ci vuole il quadruplo della fatica per tornare al prima. Senza contare che neppure lo ricordo più, il prima. Sono arrabiata perché rivoglio Giochi Senza Frontiere, e via tutta questa spazzatura da Tv e cinema.

Sono arrabbiata con me stessa, quando lascio che la mia bestia nera trionfi su di me e mi trascini in basso, raschiando il fondo finché non ne trovo un secondo e un terzo.

Per tutti questi motivi, ho ripreso a scrivere e ho scelto di farlo su un blog. Questa è la mia cura, la mia personalissima soluzione alla rabbia, la mia medicina preventiva contro la depressione. E scriverò finché la cura non sarà terminata e il mio medico (ossia io) non deciderà che posso andare oltre. Che mi leggano in mille o in uno o nessuno, non importa: questo è il mio messaggio in bottiglia, urlato in un fosso come il segreto di re Mida, mandato libero a spasso per l’etere, pensato per essere comunicato ma non ossessionato da questo. Un  messaggio che avrà qualcosa da dire solo se qualcuno avrà qualcosa da ascoltare.

L'AUTORE
La redazione di YOUng
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