Mitologia: il bell'Adone

15 Luglio 2014
Redazione YOUng
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Venere e Adone - 1541. Tiziano Vecellio (Pieve di Cadore ca. 1490 - Venezia 1576)

Venere e Adone – 1541. Tiziano Vecellio (Pieve di Cadore ca. 1490 – Venezia 1576)

Non è bello ciò che è bello, ma è bello ciò che piace. Almeno, così dicono. Poi, c’è chi nasce Adone e piace sempre e comunque a tutti. Anzi, a tutte.

Adone nacque già bellissimo ma non proprio sotto una buona stella. Era figlio di Mirra e di Cinira, re di Cipro e tecnicamente suo nonno; quindi Adone fu il frutto di un rapporto incestuoso.

La moglie di Cinira amava vantare la bellezza della figlia Mirra; un giorno arrivò persino a sostenere che fosse più bella di Afrodite. Questa non è certo una cosa bella ché -si sa- esser presuntuosi davanti agli Dei non può portare che sventure. Infatti, la tragedia non tardò ad arrivare a casa di Cinira; ed entrò dalla porta principale. La figlia Mirra, all’improvviso, si sentì attratta dal padre e, consapevole di quanto fosse peccaminoso il suo pensiero, fece di tutto per non pensarci. Ma si struggeva d’amore e piangeva giorno e notte. Una serva, sentendola così disperata, le fece confessare il terribile segreto e, per sollevarla dall’angoscia, le suggerì come fare per sedurre il padre.

Ora, bando ai moralismi ché la situazione è già difficile di suo. Sappiamo tutti che l’incesto era ed è una cosa sbagliata ma il peccato ed il proibito sono antichi come il bene ed il benedetto, quindi è inutile stupirsi di un incesto e della sua attuazione: non si sfugge al destino.

Aberrante per quanto si voglia, l’incesto si compì grazie ad un ingegnoso piano: durante alcune festività, per le mogli era vietato dormire coi propri uomini e, di conseguenza, Cinira era da solo, senza la consorte. La serva lo informò di una chicca succulenta persino per un uomo saggio e giusto: c’era una fanciulla giovanissima che lo desiderava con tutte le sue forze. Cinira si fece due conti al volo e si disse “Ma sì, che male vuoi che sia?”. D’altronde, la serva lo aveva provvidenzialmente fatto ubriacare e l’idea di tradire la moglie con membra più giovani sembrava tutt’altro che malvagia. Insomma, com’è e come non è, padre e figlia si ritrovarono sotto lo stesso lenzuolo e certo non per giocare a nascondino.

C’è chi dice che fu il momento di una notte, c’è chi parla di ben nove notti; in ogni caso, quando il re capì di essersi unito alla figlia, era ormai troppo tardi: Mirra era incinta. A quel punto, c’era ben poco da fare: il padre, furioso, voleva uccidere la figlia e questa, dal canto suo, doveva trovare il modo per evitare di finire a fettine, dato che l’amato genitore la inseguiva armato di affilato spadone.

Pianse, Mirra, pianse e si disperò; il suo pianto giunse all’Olimpo: gli dei, Afrodite per prima, si impietosirono e tramutarono la fanciulla in una pianta (di Mirra, appunto) appena in tempo, prima che Cinira potesse sferrare un colpo mortale.

Dopo nove mesi, a primavera, arrivarono le doglie e Mirra fu pronta per il parto. Attraverso un varco della corteccia, vide la luce un bambino dalla bellezza strabiliante: il piccolo Adone. Era così bello che Afrodite se ne innamorò all’istante, sicura che un giorno quel bimbo sarebbe divenuto suo amante. Per proteggerlo dai mali del mondo, dopo che le Naiadi lo avevano allevato e svezzato, Afrodite lo affidò alle cure di Persefone, regina dell’Ade.

Anche Persefone si innamorò di Adone e, quando giunse il momento di restituirlo ad Afrodite, non ne volle sapere: Adone era stato suo fino a quel momento e suo doveva restare. Una zuffa fra donne per un uomo, in poche parole: roba vecchia di millenni, nonostante qui si stia parlando di dee di un certo calibro.

Intervenne Zeus ed istituì in fretta e furia un tribunale che prendesse una giusta decisione. Calliope, una delle sette Muse, fu messa a capo di questo tribunale ed a lei spettò la sentenza definitiva: Adone avrebbe passato un terzo dell’anno con Afrodite, un terzo con Persefone ed un terzo da solo.

Tutto sarebbe andato per il meglio se il furbetto non avesse fatto di testa sua, cioè due terzi dell’anno con Afrodite ed un terzo con Persefone. C’è chi scagiona il giovane, dicendo che fu Afrodite, con un sortilegio, ad attirarlo a sé. C’è anche chi scagiona Afrodite, dicendo che fu una freccia scoccata per sbaglio da suo figlio Eros a farla innamorare perdutamente di Adone, quando questi era già bell’e cresciuto. Come sia andata di preciso non si sa, sappiamo per certo che fu un amore tanto folle da far perdere completamente la testa alla dea: Afrodite dimenticò di visitare i suoi luoghi di culto e si dedicò completamente al suo bellissimo amante. Era così innamorata che lo seguiva ovunque, tralasciando che il suo compagno di sempre, Ares, non fosse proprio votato alla pazienza, dato che era il dio della guerra e perciò sempre assetato di lotte, meglio se terminanti nel sangue.

Ares infatti sbottò e pugnalò il rivale nelle parti basse. Il fiotto di sangue che uscì dall’inguine di Adone diede vita, secondo una delle leggende, agli anemoni, fiori graziosi e delicati.

Zeus, per consolare lo strazio della povera Afrodite, decise di ripristinare il verdetto sulle convivenze del giovane e gli consentì di restare nell’Ade solo per un terzo dell’anno; gli altri due terzi sarebbero stati, rispettivamente, uno per Afrodite ed uno per chi volesse lui stesso.

Sono molteplici le fonti su Adone, rimasto nella storia come il belloccio per antonomasia. Molte le fonti, molte le versioni del mito. Su due cose sono tutti concordi: in primis, il fatto che questa figura sia l’anello di congiunzione fra la cultura semitica, in cui ebbe origine, e la cultura greca che l’accolse a pieno titolo; in secundis, la chiara metafora delle stagioni dell’anno, di cui Adone rappresenta il fiorire della natura a primavera ed il calore infuocato dell’estate, per poi rimandare al silente e freddo inverno con la permanenza nell’Ade, lontano dal mondo dei vivi.

Ora come allora, un bell’Adone infiamma i cuori delle donne e, dovesse presentarsene necessità, le mette l’una contro l’altra a dispetto di ogni dignità. Mentre le amanti si azzuffano, Adone si gode, sornione, l’effetto che fa.

Ma Adone –ricordiamolo- nacque da un prodigio e forse ne valeva la pena. I mortali sotto questo cielo invece vengono tutti dallo stesso posto, più o meno allo stesso modo, belli o brutti che siano, e sono soggetti alle leggi del tempo.

Quindi, belli miei, teniamolo bene a mente: può darsi che Adone si nasca ma è certo che non lo si resti per sempre.

L'AUTORE
La redazione di YOUng
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