Dopo "Gomorra", "Un posto sicuro" per Marco D'Amore

17 Luglio 2014
Valentina Sanseverino
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10505492_595260187239298_5304676856881169796_n - Copia“Un posto sicuro è quello che credevano di aver trovato gli operai quando, negli anni ’50, entrarono nella fabbrica dei sogni, l’Eternit di Casale Monferrato, senza sapere che si sarebbero ammalati. Un posto sicuro è quello che sostenevano essere i capi della fabbrica, anche quando venivano giù vite come birilli, una dopo l’altra. Un posto sicuro è quello che sogna di diventare Casale, liberandosi per sempre dall’amianto dopo aver pagato un prezzo altissimo di vittime”.

E “Un posto sicuro” è anche il titolo del primo film di finzione della storia sulla tragedia dell’amianto, diretto da Francesco Ghiaccio e interpretato da Marco D’Amore che, svestiti gli scomodi panni di Ciro Di Marzio, l’immortale di Gomorra – La serie, si prepara a vestire quelli ancora più scomodi del figlio di un uomo che morirà di mesotelioma. “Abbiamo messo al centro della vicenda un trentenne, Luca, comico di professione, un ragazzo allo sbando, senza obbiettivi – spiegano Ghiaccio e D’Amore, amici da una vita, cosceneggiatori del progetto e cofondatori de La Piccola Società, una realtà produttiva nata nel 2004 con all’attivo due cortometraggi e quattro spettacoli teatrali –  Sarà il dolore a salvarlo, il dolore per la malattia che colpisce il padre, ex operaio Eternit. Il loro percorso di incontro e amore è accompagnato dal canto corale di tutta la città, in attesa della sentenza del primo grado del processo contro i magnati della fabbrica presso la Procura di Torino. Siamo agli inizi del 2011. Il giudice pronuncerà la parola “colpevoli”, dopo aver letto per più di due ore di fila i nomi delle vittime”.

Cuore e cervello, coraggio e follia, talento e impegno sociale muovono le fila di questo progetto che, partendo dalla storia del riavvicinamento di un padre malato di tumore alla pleura e di un figlio 30enne che si ritrova improvvisamente a diventare uomo, si intrecciano con la tragedia di un intera comunità, ripresa dallo sguardo impietoso e poetico del cinema, mentre muore, giorno dopo giorno, uccisa dalla stessa aria che respira, da un nemico sottile e silenzioso, che si insinua nei polmoni come nei nostri ricordi di bambini, quelli in cui il rumore di un pallone che rimbalzava sui tetti a onde era solo l’eco della spensieratezza e che oggi invece rimbomba inquietante a rammentarci il senso di una morte sfiorata, a farci chiedere come ci siamo salvati e perché proprio noi e come abbiano potuto ucciderci lentamente e consapevolmente in tutti questi anni e come possano farlo ancora.

Marco D’Amore, cresciuto a pane e palco sotto l’ala protettrice e severa di Toni Servillo e che presto rivedremo al cinema in Perez, il nuovo film di Edoardo De Angelis (reduce dai successi di Mozzarella Stories), è sceso per un po’ dal carro dei vincitori di Gomorra e si è buttato anima e corpo a sporcarsi le mani con questo lavoro difficile impopolare, coraggioso che da il senso di percorso artistico mai semplice, mai scontato, fatto di rinunce e scelte impopolari nel nome di un’ideale e della ricerca costante di un’avventura che gli faccia battere il cuore “Il mio unico obiettivo – scherza, ma non troppo – è quello partecipare ad un progetto che non mi faccia dormire la notte”.

Alle riprese del film, che inizieranno a novembre, prenderà parte idealmente e materialmente l’intera comunità di Casale, rappresentata dall’Afeva (Associazione Familiari Vittime dell’Amianto) che ha espresso massimo sostegno collaborazione all’iniziativa; ma chiunque di noi potrà dare il suo contributo, anche minimo, partecipando alla campagna di crowdfunding a sostegno della realizzazione del film.

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