Capire il pianto di un bambino? Alzi la mano chi ci riesce

29 Luglio 2014
Aurora Scudieri
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Capire il pianto di un bambino

Quando tuo figlio nasce piange continuamente e ognuno riesce a dare interpretazioni precise a quelle urla che per te, invece, non significano nulla. “Ha fame” “ha sonno” “ha caldo” “ha male al pancino”. Per te un “Uahaa” non è diverso invece da un “Huuuuaaa”.

Ma tutti ti promettono “tra qualche settimana le capirai e saprai interpretare cosa chiede“. Lo dice la nonna, la zia e lo dicono gli esperti. Alcuni studiosi infatti, nel pianto di un bambino c’è davvero un linguaggio che ne indica il dolore, l’ira e la paura.

Analizzando una ventina di neonati tra i 3 e i 18 mesi i ricercatori hanno prima di tutto distinto i sentimenti in base alle espressioni facciali.
Tutto è legato allo sguardo del piccolo e all’evoluzione che porta al pianto.

Se il bambino è in collera, infatti, i suoi occhi restano aperti o semi aperti, ma lo sguardo è vago, perso.
In caso di paura il piccolo apre forte forte gli occhi e fissa un punto, talvolta lascia andare la testa indietro.
Se ha dolore, invece, tiene gli occhietti chiusi o li apre leggermente.
Quando è spaventato o sta soffrendo il neonato tende anche a gridare improvvisamente e fortissimo mentre se è in collera la manifesta con una forte agitazione e grida in crescendo.

Mostrando le foto dei piccoli in lacrime agli adulti questi, secondo lo studio, riuscirebbero a distinguerne le emozioni, soprattutto la paura e la
l’ira. Come per dire che se una mamma guardasse tranquillamente il proprio piccolo mentre ha un attacco di panico, senza farsi prendere dall’ansia, capirebbe subito quello che il suo bambino le sta cercando di dire. Il sentimento più facile da distinguere sarebbe, sempre secondo questa analisi, la sofferenza fisica.

Certo non è specificato se gli adulti a svolgere questo esperimento fossero parenti o meno del piccolo. Alle volte essere “staccati” emotivamente dalla situazione rende più lucidi.
Una mamma, soprattutto inesperta al primo figlio, che sente urlare disperatamente il proprio piccolo difficilmente ha la lucidità mentale di fermarsi ad osservare l’apertura delle sue pupille e il suono del suo pianto. Inoltre è facile dire “sta esprimendo dolore”, più complesso mi sembra capire quale e perché. Ha male alla pancia, ha la febbre, ha caldo, ha male ai dentini? Per fermare il pianto, infatti, va fermato il dolore e quindi capire da dove esso derivi.

Dopo sei mesi dalla nascita di mio figlio posso dirvi di riuscire a capire quando piange perché ha sonno o fame e quando mi fa capire che non si sente bene, certo. Ma ci sono volte, anzi ci sono giornate, in cui Riccardino inizia a piangere, così, improvvisamente, accompagnando il pianto da urla che alle volte sembrano di gioia alle volte di disperazione. In quelle giornate le provi tutte. Gli dai da mangiare e lui continua a piangere. Gli fai i massaggi e il pianto prosegue. Giochi con lui ed il sollievo dura solo pochi minuti. Lo addormenti e lui non riesce a trovare pace. Sono quelle giornate in cui ti chiedi se hai quell’istinto materno che tutte le donne rivendicano. Ma poi tutto passa e ti rendi conto che i bambini fanno anche quelli che si chiamano “capricci” e talvolta piangono anche senza alcun motivo! Ditelo agli esperti!

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