Giacomo Drudi e il Caso Repubblica. Ed è subito presunzione.

17 Agosto 2014
Redazione YOUng
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Volevo già scrivere qualcosa a riguardo, e l’editoriale del direttore Milite mi ha dato uno spunto in più per dire la mia, anche in risposta al suo parere.

Il caso: un certo Giacomo Drudi, laureando di 24 anni, pubblica uno screenshot di un suo post in cui manifesta il suo disgusto per aver ricevuto un’offerta lavorativa da parte de La Repubblica non consona, a suo dire, alle competenze offerte e al tipo di mansione da svolgere.

Tiè.

Repubblica - Drudi

Lo screenshot del post pubblicato da Giacomo Drudi contro La Repubblica.

Accade che, come comprensibile, la cosa susciti un certo scalpore tra il popolo dei social, quello abituato, durante le ore passate in ufficio, a parlare e commentare le foto dei gattini carini che sembra dicano “mamma ti lovvo”. Quello stesso popolo che ormai si indigna ogni qualvolta qualcuno si prende la briga di attaccare un Paese allo sbando, che non offre niente ai giovani, eccetera, eccetera. In pochi si fanno una reale idea di quanto leggono, e ancora meno si permettono di dire qualcosa al di fuori di un coro di demagoghi dell’ultima ora, per paura, ovviamente, di ritorsioni mediatiche che stonano con la voglia di protagonismo e di accaparrare consensi che ormai ci contraddistingue.

Oggi, però, mi imbatto, proprio su questo blog, su cui mi piace di tanto in tanto riversare le mie mai sopite velleità da blogger, in un editoriale del caporedattore, Germano Milite, quello che vi compare in cima nella home come primo blogger “consigliato” dal democratico algoritmo su cui si basa il sito stesso.

Se non volete leggervi l’editoriale, ve lo riassumo (ci provo) in poche parole: quella di Milite è una denuncia verso il gruppo editoriale di cui fa parte Repubblica che, reo di intascare fior fior di finanziamenti pubblici, si permette di offrire stipendi da fame a quei poveri ragazzi che loro malgrado si stanno affacciando sul mondo del lavoro. In particolare l’editoriale punta il dito sulla situazione incresciosa nella quale versa il giornalismo italiano. I giornalisti, ormai, di qualunque testata, a parte quei fortunati che emergono per i più svariati motivi (di tanto in tanto, pensate un po’, anche per bravura, ma nell’editoriale di questi rari casi non se ne fa menzione), vengono sfruttati e sottopagati, quando vengono pagati! Perchè a cominciare da lui stesso, sono tanti quei ragazzi abbagliati dalla visibilità offerta dall’editore, che pur scrivendo gratis accettano di farlo sperando che tutto ciò possa servire a qualcosa, ad aprirgli una qualche prospettiva. Poi però, abbagliati da un’improvviso bagliore di dignità, decidono di fare un dispetto alla testata, andandosene sbattendo la porta solo dopo aver magari visto il loro nome in home page. Beccati questo, Corriere della Sera!

Ora, la Repubblica sarebbe, sempre secondo gli esponenti del Partito pro-Drudi, l’ennesimo caso in Italia in cui un giovane di belle speranze non riesce a farsi pagare il giusto. Aggiungiamo a tutto ciò che lo stesso Drudi, in una sua intervista, afferma che il lavoro offertogli sarebbe stato una semplice sostituzione estiva, molto semplice da svolgere (in sostanza poco più di un copia-incolla, non certo un vero lavoro di impaginazione di un quotidiano) e che peraltro non rientrava nella sua sfera di studio.

In sostanza parliamo delle lamentele di un ragazzo che cercava di accaparrarsi un posto di lavoro senza avere le competenze per poterlo fare.  Che poi è un po’ ciò che si rimprovera ai tanto odiati politici che magari si ritrovano a fare i ministri dell’agricoltura dopo essersi laureati in giurisprudenza. Però loro sono stronzi, non dimentichiamolo, siamo noi il popolo vessato da soprusi che deve lamentarsi, non confondiamo i ruoli. Si denuncia anche il fatto che il selezionatore non gli abbia chiesto nulla in particolare su di sè e sulla sua carriera, ma l’annuncio si riferiva ad un impaginatore, non c’è molto da immaginare su quali possano essere le competenze richieste per una posizione del genere.

Ovvio però, che un’occasione per denigrare il sistema non va sprecata, e così giù di commenti che inneggiano al coraggio del ragazzo per aver sputtanato Repubblica (saranno tutti in lacrime per l’imminente chiusura, suppongo), e poi via con tutti quei discorsi da complessati cronici a cui accennavo a inizio articolo.

Ora, vorrei riflettere su un paio di cosucce. Mi aspetto che possiate non condividere il mio punto di vista, ma sapere di vivere in un paese dove ho comunque la possibilità di farvelo sapere mi rincuora, e vado avanti con questo spirito di condivisione e libertà di pensiero.

Credo che ci sia da riflettere sulla differenza tra presunzione e consapevolezza di se stessi. E’ facile gridare allo scandalo sui social, “tutti all’estero”, come se in Inghilterra o negli Stati Uniti non esistesse la gavetta o i lavori sottopagati.

“Eh, ma da La Repubblica non ci si aspetta una cosa del genere”. E perchè mai?

Il mercato è questo, e non certo per colpa loro. Dovreste chiedere ai sindacati come sia stato possibile che oggi i giovani debbano obbligatoriamente fare i colloqui di lavoro in posizione doggy style per sperare di ottenere poche briciole. Sono loro gli abili negoziatori che negli anni hanno svilito intere categorie di lavoratori pensando solo agli operai della FIAT, in un mondo dove comanda il terziario. Credete che 30 anni fa La Repubblica pagasse i suoi stagisti con un milione al mese? Un milione al mese per fare copia-incolla? Si? No, non credo proprio, e non vado nemmeno a chiedere conferma, non sono un giornalista, siamo qui in veste di “opinionisti”, se riuscite a smentirmi vi vengo a pulire casa domani, ad ognuno dei lettori di questo articolo.

Assodato dunque che Repubblica non è meno malvagia di altre testate o avamposti editoriali in genere, andiamo avanti.

Mi preme capire esattamente quale tipo di somma esperienza possiede il signor Drudi per poter rifiutare un lavoro in una delle testate più vendute e (checché se ne dica) più storicamente prestigiose d’Italia.
Forse abbiamo trovato il nuovo Armando Testa e non ce ne stiamo rendendo conto. Crede forse che tutti i grandi del passato abbiano cominciato con contratti milionari perfettamente in linea con le loro competenze?
Ci sono esempi che dovrebbero far riflettere, un certo Steve Jobs venne licenziato dalla sua stessa azienda per poi addirittura ricomprarsela dopo anni passati a sputare sangue. E un tale, credo si chiamasse Bill Gates, so che rubava gli scarti elettronici nelle discariche per potersi montare i suoi primi computer in garage. Da solo, perchè a stento si sapeva cosa fosse un computer.

La differenza è che all’epoca non c’era facebook, ma anche se ci fosse stato, di certo non si sarebbero lamentati, avrebbero continuato, a testa bassa, muti.
Si può scherzare, si può sputtanare chi ti chiede il culo in cambio della tanto agognata vi-si-bi-li-tà, ma poi basta.

Non confondiamo i problemi del paese con la presunzione delle persone. Interi stabilimenti caseari nel nord Italia danno lavoro a centinaia di indiani e cingalesi, messi in regola, con contratti regolari medi da 2000€ al mese, solo perchè ai ragazzi Italiani non gli va di svegliarsi alle 5 del mattino. E’ una questione di propensione al sacrificio.

Io di professione faccio il videomaker, e ho cominciato da piccolo, non da quando hanno messo Imovie sull’Iphone, e li ho fatti i lavori gratis e sottopagati, e solo adesso, a 27 anni, dopo avere iniziato a lavorare da quando ne avevo 18, studiando e dopo aver completato i miei studi in materia sto imparando a selezionare con cura ciò che mi conviene o non mi conviene fare. A fare preventivi seri senza pensare a come “ritoccare” il prezzo per farmelo accettare. Qualcuno dovrà pure cominciare a farsi pagare il giusto, no?

Di certo non vivo nel lusso, e sono ben lontano dell’essere soddisfatto e felice della mia vita attuale, ma non mi metto a dare la colpa al Paese o al capo bastardo di turno, perchè il Paese se ne è sempre sbattuto le cosiddette, e continuerà a farlo, che ci piaccia o no. Il trend è “mi lamento fino a quando le cose non gireranno bene per me, degli altri chi se ne frega?!” E non pensate che noi italiani siamo peggio di altri!
Noi ci crogioliamo ormai in un innato complesso di inferiorità che ci segna a vita ovunque nel mondo.

Di certo non ho intenzione di perdere la salute per un pugno di magadirettori bacucchi che pensa di avere a che fare con ragazzini che siccome non gli andava di studiare si mettono a disegnare e fare foto e video in giro. E ne devo ancora imparare di cose, tante!
E non so nemmeno io come mi andrà a finire, ma so che c’è da soffrire, non da fare gli schizzinosi.
E a tutto ciò non ci arrivi subito, ma dopo. Dopo che se riesco a entrare alla Repubblica a 500 euro, di ore al giorno ne faccio diciotto pur di farmi notare e farmi apprezzare per ciò che so fare (se lo so fare), perchè la carriera non la fai timbrando i cartellini e scappando a casa appena suona la campanella. La fai sudando, passando le notti a leccarti i fondi di caffè, a farti venire la dipendenza da OKI, a sanguinare dalle orecchie (Dio, sembro mio nonno!).

Non arrivi da nessuna parte se ti metti a frignare su twitter! 

Fammi vedere quanto sei bravo, fammi vedere che ci hai provato con tutte le tue forze a diventare un grafico di fama mondiale, e poi semmai ti potrai lamentare di aver rifiutato un normalissimo posto stagionale da stagista al quale comunque stavi ambendo. Saranno contenti i genitori di un figlio che anziché fare di tutto per pesare il meno possibile sulle loro tasche si mette a fare l’eroe della patria rifiutando di farsi schiavizzare (ricordo la massima difficoltà del posto offerto: stare attento allo spazio tra le lettere).

E non credo, da quanto afferma il Drudi, che sia nelle condizioni di fare il prezioso (o choosy, come si dice adesso), perchè se la sua ambizione era quella di farsi chiudere in un ufficio davanti a un computer, tanto valeva farsi raccomandare per un posto in comune (perchè ovviamente non sia mai che esistano posti dove non si entri per raccomandazione, tutto marcio in Italia, mannaggia a Renzi!1!!1! Tutti in Germania!1!!!1!).

Lo sfogo del direttore Milite è più che legittimo, ma verte, a mio modesto parere, su punti di vista sui quali pesano pesanti coni d’ombra. Ad esempio viene tirato in ballo il finanziamento pubblico ai giornali, senza pensare che togliendo i finanziamenti a chiunque voglia aprire una testata, si avrebbe un effetto a dir poco fascista, con quei pochi oligarchi che aprirebbero lo loro testate solo perchè potrebbero permetterselo, dando vita ad un giornalismo di stampo quasi pubblicitario ed esclusivamente redazionale (pubblico solo chi mi paga di più o chi mi fa guadagnare di più), e mi sa che già così come stiamo oggi, con un informazione pseudo-pluralista, stiamo messi maluccio. Oppure nascerebbero testate che puntano tutto sugli utenti che hanno voglia di scrivere ma che non possono farlo su testate più convenzionali, mettendo a disposizione il loro tempo e la loro scrittura per siti web che guadagnano sui banner nelle pagine dei loro articoli, illudendoli con revenue dell’ordine dei centesimi pur di aumentare condivisioni e views sulle loro pagine pluribannerate. Ehm… ok… penso di aver parlato abbastanza.

Sorvoliamo sul clima di terrore non-violento a cui inneggia Milite, e che ritengo poco ponderato nelle modalità di divulgazione ipotizzate, non condivido affatto nemmeno la frase che conclude il suo articolo: “Se volete, diffondete  questo editoriale con l’hashtag #maipiùschiavi. Altrimenti, fregatevene e continuate ad inseguire assunzioni e giusti compensi che non otterrete mai, perché alla fine neppure avete saputo meritarveli dal punto di vista umano, prima che professionale.” Non è condivisibile per prima cosa perchè è pura pubblicità all’articolo stesso, anche piuttosto subdola. E in secondo luogo perchè non sta proprio nè in cielo nè in terra come ragionamento. Cioè, l’alternativa proposta è: condividete o continuate a vivere da frustrati. Della serie “chi cambia canale è una pecora”. Spero sia stata una svista dettata dalla rabbia, spero. Spero anche in un eventuale sano confronto, resta una piacevole anomalia una testata in cui i blogger possono discutere e avere opinioni differenti dai loro direttori.

Concludo infine proponendo a Giovanni Drudi un esercizio di pura e semplice coerenza: perchè tutta questa indignazione se tu stesso affermi che se il lavoro fosse stato più attinente ai tuoi studi avresti accettato una paga addirittura inferiore? E se magari gli euro offerti fossero stati già 800, avresti rifiutato comunque un lavoro che non sai fare?


L'AUTORE
La redazione di YOUng
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