Buone notizie dal mondo – Il Principio

30 Agosto 2014
Redazione YOUng
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Quando osservi il mondo attraverso un ombrellino arancione che cade a pezzi, tutto assume una luce diversa. Impari a vedere oltre, a vedere altro, a cercare il buono dove nessuno andrebbe a guardare e a trovarlo dove nessuno crede che ci sia; non perché il mio ombrello faccia le magie – se le facesse starei sorseggiando un drink da una noce di cocco, a Bora Bora. Non per una magia, quindi, ma semplicemente perché guardare attraverso l’ombrello significa smettere di farlo come e dove si vorrebbe che guardassimo.

Certe volte, senza paranoie né complottismi, ho come l’impressione che alcune notizie ci vengano volutamente ‘omesse’ per incrementare il senso di instabilità, quel soffocamento a metà tra la disperazione e la paura che ci tiene in bilico, tra santi e falsi dèi (citazione musicale d’obbligo, causa forse dell’ora tarda). Certe altre volte, ho la certezza che alcune notizie vengano tenute lontane da noi, perché disperati siamo più gestibili, manipolabili, più fragili, e sempre meno consapevoli della nostra forza creativa e delle possibilità positive che il mondo ci riserva. In pratica, fai credere a qualcuno che la distruzione è l’unica via, e avrai un perfetto soldatino incapace di costruire pure i puzzle con due pezzi.

Ad essere onesti, da anni a questa parte c’è chi si sforza ogni giorno di raccontare al mondo le buone notizie (basta digitare Good News Network su Google, giusto per averne un esempio): dai virus debellati, ai casi di cooperazione umana, alle foreste che rinvigoriscono, ai buchi nell’ozono che vengono tappati da mani operose di cui nessuno parla mai; e persino l’Huffington Post ha dedicato una sezione alle buone notizie. A quanto pare, però, il buono continua a non vendere abbastanza, di sicuro non quanto il macabro, il tragico, il violento. E in un mondo che gira sulle vendite, le buone notizie non sono un investimento valido.

markbustos-stylist-on-street-city-hair-InstagramPer fortuna io non vendo nulla, se non la felicità in eccesso – quando ne ho. Ma alla fin fine regalo pure quella, quindi sì, posso permettermi di mandare al diavolo le strategie di mercato e il maledettissimo marketing. Ragion per cui, a partire da oggi, bandisco il brutto e mi converto alle buone notizie che trovo scavando per il mondo. Guidata dal mio ombrellino, come fossi una rabdomante, leggerò quello che mi va, soffermandomi solo ed esclusivamente su cose che non riguardino crisi, tasse, torture, violenze, guerre, mortiammazzati e simili. Non si tratta di non voler guardare, ma di scegliere di non guardare morbosamente sempre e solo in direzione del peggio. Dopotutto, non siamo più nel Medioevo, e il fascino dell’esecuzione pubblica dovrebbe essere tramontato da un pezzo. Cercherò store curiose, belle, che valgano la pena di essere raccontate e riempiano di un po’ di positività le giornate vuote e grigie, in cui il brutto-cattivo-violento è diventato la moda.

Cercherò storie come quella dell’ hair stylist Mark Bustos, che una volta a settimana molla i saloni più chic di New York City per andarsene nelle strade a offrire tagli di capelli gratis a chi non se lo può permettere. Originario delle Filippine, proprio nella sua terra natale nel 2012 Mark ha cominciato a tagliare i capelli ai ragazzini poveri, gratuitamente, per strada. Un’esperienza così gratificante da volerla ripetere in Jamaica, Costa Rica, a Los Angeles e
ora a New York.

Disimparo e re-imparo a guardare grazie a un taglio di capelli. Quando si dice ‘darci un taglio’…

 

 

L'AUTORE
La redazione di YOUng
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