Cronaca tragicomica del pagamento dell'F24

1 Ottobre 2014
Veronica Valli
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f24

Ammettiamolo: svegliarsi stanchi già di martedì mattina è una sconfitta. Prima di tutto perché significa iniziare col piede sbagliato la settimana, secondariamente perché se si è già stanchi di martedì vuol dire arrivare anche in coma al weekend, roba da non avere neppure il coraggio di alzarsi dal letto. Ma questa cosa, già assai problematica di per se, può trasformarsi in un problema ben più ampio se quel martedì ci sono delle scadenze da rispettare, come ad esempio quella di pagare l’F24.

IL VALORE DELLE IMPOSTE – Ma che cosa rappresenta quest’astrusa sigla? Cosa sarà mai questo F24? Wikipedia ci dice che è un modello utilizzato in Italia per pagare la stragrande maggioranza di imposte, tasse e contributi ed io aggiungo che di solito, se siete fortunati, è un modulo che vi compila il commercialista (calcolando la cifra da pagare in base ai vostri guadagni, perciò se siete giornalisti squattrinati come me state tranquilli) ve lo da in triplice copia con una pacca sulla spalla oppure, se siete meno fortunati, dovete compilarvelo da soli, anche se non è troppo complesso. Questa meraviglia va pagata entro il 30 settembre, pena la morte, ovvero la mora, quindi il pagamento di altri soldi. Per effettuare il pagamento si può andare in banca oppure alle Poste, non si può fare il bonifico anche se la leggenda vuole che si possa fare tutto anche online ma personalmente, non conosco anima viva che abbia risolto in questo modo.

ATTESE CONSUETE – Viste alcuni tristi vicissitudini che ho avuto con la mia banca (che Dio la abbia in gloria), decido di servirmi dell’ufficio postale vicino casa mia per versare il mio obolo. Pensando di fare una mandrakata, mi trascino giù dal letto con gran fatica ma di buon’ora, lo sguardo coperto da occhiali scurissimi, convinta scioccamente di non trovare alcuna fila e di poter risolvere tutto rapidamente, per poi dedicarmi a una nuova esaltante giornata lavorativa. Ovviamente, mi sbagliavo. Arrivata alle Poste (se siete di Napoli, si tratta dell’ufficio di Piazza Dante… forse già starete ridendo di me), dove c’è già una fila tale da occupare completamente il marciapiede antistante alla location. “Staranno dando le pensioni” penso guardandomi attorno, notando tra i presenti diversi allegri nonnetti, uno dei quali fa la stessa domanda, però a voce alta, un po’ spaesato “ma oggi danno ‘e pinzioni?”. “No, no, il primo ottobre” gli risponde un altro, sicuro “Oggi so tutt’ bullett e tass” (oggi si tratta solo di bollette e tasse).

filaposte

CE LA FARANNO I NOSTRI EROI? – Se fossi meno stanca, probabilmente riderei. Ma sono esausta e riesco solo a notare che è già passato un quarto d’ora e la fila è lentissima. Scrivo un tweet, lancio un SOS su whatsapp, leggo addirittura una notiziuola licenziosa su Lercio.it. Non si muove ancora nulla. Un vecchietto con cappellino da baseball rosso e occhiale da sole a mascherina, di quelli che si indossano per fare sport, inizia ad inveire con gli impiegati delle poste che “non ci fanno entrare più! E comm’ amma fa’?”. Lo guardo sbalordita e credo che sia impossibile. Infondo quello è il loro lavoro. Eppure, una ragazza si fa largo tra la folla, si avvicina alla porta e nota che, eccezion fatta per una manciata di persone in fila, la sala d’attesa dell’ufficio è vuota. Il gesto fa però inalberare una signora, che apostrofa in maniera poco chic la ragazza, accusandola di voler saltare la fila ma nel frattempo, inspiegabilmente, le porte finalmente si aprono e i primi fortunati, tra cui io, riescono ad entrare finalmente nell’ufficio.

AL BIVIO – Il primo scoglio è il numeretto da prendere. E per Servizi e prodotti postali, A per servizi e prodotti finanziari. Occhieggio verso un impiegato e gli chiedo gentilmente cosa mi conviene prendere per l’F24 e lui giustamente mi risponde un secco “non lo so”. Guardo verso il tabellone numerico e noto che quelli della fila E non solo non avanzano ma non compaiono neppure, quindi per forza di cose prendo la A, sperando che Dio me la mandi buona. La ragazza di prima chiede a un’altra impiegata se la E è ancora attiva e lei, dopo averla fulminata con lo sguardo le risponde che sì, certo che è attiva ma non si sa quando scorreranno i numeri. Alla poverina non resta che prendere un altro bigliettino, sconsolata, sperando di aver maggior fortuna. In tutto questo, sono passati ben 40 minuti ed io ho troppo bisogno di un caffè. Ma cinque minuti dopo è il mio turno e finalmente credo di averla sfangata. Credo. Perché il computer dell’impiegata ovviamente si blocca di continuo e per fare la semplice operazione di registrare il mio modulo, ci mette ben 15 minuti. Nel momento in cui riesco a pagare, mi scopro felice di aver sborsato soldi come mai prima e corro via veloce, uscendo finalmente a riveder le stelle, quasi nel vero senso della parola, perché alle Poste stavo per farci veramente notte.

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