Al museo con un bimbo. L'Urlo di Munch prende vita

29 Ottobre 2014
Aurora Scudieri
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osloCredo che in pochi abbiano avuto il privilegio di vedere L’urlo di Munch con tanto di sottofondo che crea l’atmosfera giusta. A me è successo. La prima volta che ho portato mio figlio al museo è stato in occasione di un viaggio ad Oslo dove, nella Galleria nazionale, è conservato uno dei quadri che amo di più in assoluto. Sarebbe stato impossibile perdere l’occasione di vedere dal vivo L’Urlo di Munch. Ma a Riccardo, che da qualche mese è nella fase – sperimentazione della voce con grida atroci- l’idea non è andata a genio.

Ho sempre amato l’arte, e quindi i musei che la espongono, e la nostra vacanza ad Oslo era una occasione imperdibile per vedere dal vivo una delle opere più profonde ed espressive mai realizzate. Ma quando hai un figlio tutto cambia, e quelle che un tempo sarebbero state esperienze semplici e piacevoli diventano situazioni difficili e complicate da affrontare. La cosa magnifica, per un adulto, dei luoghi che ospitano i grandi musei, sono gli affreschi sui muri, le scale maestose, le opere esposte. Per un bambino invece, l’eco che quelle enormi sale semi vuote producono inseguito ad un loro urlo acuto. Mio figlio lo ha capito subito. Le sue urla sono iniziate alla biglietteria della Galleria nazionale di Oslo e terminate all’uscita. Il tutto era dovuto un po’ al fatto che fosse l’ora del suo pisolino pomeridiano e quel “troppo silenzio” lo indispettiva, dato che lui è abituato a dormire tra la folla e il rumore, e un po’ dal fatto che improvvisamente in quelle stanze le sue urla erano diventate più forti, potenti e producevano un divertentissimo eco.

Di quel museo, per sempre, ricorderò solo il tentativo di far smettere di urlare a mio figlio mentre i rigidissimi norvegesi osservavano con ordinato rigore le opere presenti. I loro bambini erano calmi, composti, precisi. Il mio sembrava posseduto da Satana. Il top è stato l’arrivo nella sala dell’Urlo, quella più visitata, dove tutto meditavano davanti a quella opera potente. All’ingresso di Riccardo nella sala quello spaventoso silenzio è stato spezzato dalla sua vivacità di bimbo di 9 mesi che ha attirato su di me gli sguardi severi dei presenti.

Ho visto poco di quello che avevo sperato di vedere a lungo. Sono stata costretta a tenere il piccolo su quei fantastici divanetti al centro della sala e a distrarlo con giochini e filastrocche mentre lui cercava disperatamente di sfuggirmi dalle mani per andare a gattonare sotto all’opera e magari tirarla giù e iniziare a graffiarla e a mangiucchiarla con i suoi nuovissimi dentini.

Tra l’urlo rappresentato, pieno di angoscia e dolore, e quello riprodotto da mio figlio, pieno di vita, gioia e vivacità, l’atmosfera, anche tra i presenti, si è presto alleggerita e alla fine il museo è diventato più animato e “leggero” di quello che invece è in tutti gli altri giorni…senza di noi.

 

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