Due storie (in)credibili che vi faranno recuperare fiducia nell'umanità

15 Novembre 2014
Germano Milite
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Con l’avvicinarsi delle elezioni, politici di ogni sorta fanno spesso e volentieri campagna elettorale fondando tutto su sdegno, vergogna, voglia di prevaricazione, sfiducia nei confronti dei propri simili e pregiudizio colmo d’odio nei confronti del “diverso”. Parimenti, le campagne buoniste forniscono un’altrettanto fuorviante visione del mondo che non può trovare riscontro nella frastagliata e meravigliosamente complessa realtà umana.

Senza voler tirare in ballo religioni vecchie e new age, senza scomodare Dio o il Karma, sono però convinto che certe “energie positive” scatenate dalla scrittura e dalla lettura di storie belle quanto autentiche, siano un ingrediente fondamentale per uscire finalmente da quella che è prima di tutto una crisi di buon senso, legata al genere umano ed alla sua identità in senso lato e non esclusivamente alle truffe finanziarie sui prodotti Forex e sui derivati. Raccontare le #cosebelle, insomma, e poi trasferire alle persone non solo nuova fiducia nel genere umano (mai come in questo periodo necessaria) ma anche, magari, spirito emulativo. Questo perché l’equazione è quasi banale: odio genera odio, comprensione consapevole e profonda genera esempi da seguire.

LA GENEROSITA’ PALERMITANA

Così voglio raccontarvi questi due episodi, che mi hanno lasciato con il cuore pieno di sorpresa e felicità, di affrancamento dalla valanga di pessime notizie e di pessime propagande elettorali cui sono (anche per lavoro) sottoposto giornalmente. In particolare voglio raccontarvi come mi ha accolto Palermo, città della quale mi sono innamorato subito.

Sono le 21 di sera circa, arrivo in Via della Libertà con l’autobus dall’aeroporto ed essendo un rincoglionito proverbiale dimentico il cellulare sul sedile. Scendo, il bus si allontana, resto subito incantato dalla città e voglio fare una foto. Così cerco lo smartphone e non lo trovo. Mi parte spontaneo un francesismo:”Ma porca di quella put…”, bello ad alta voce. Continuo a toccarmi vanamente le tasche del pantalone e a frugare in quelle del giubbino, imprecando al suon di “merdaaaaa” e sperando vanamente che il telefono si materializzi all’improvviso.

Una coppia di fidanzati assiste alla scena. Lui, con molta calma, mi si avvicina e mi chiede:”Hai dimenticato il telefonino sull’autobus?“. Confermo sconsolato. Lui si propone di telefonare con il suo per vedere se riusciamo a recuperarlo. L’autobus è già sparito all’orizzonte da un po’ e l’idea mi pare buona, apprezzabile ma inutile:”Figurati se mi rispondono. Al massimo si accorgono che l’ho dimenticato e se lo fregano“, gli faccio notare. Lui insiste, come se il telefono fosse suo:”Dai proviamo. Tanto che ci costa?”. Così gli do il numero, lui chiama e dopo pochi squilli gli risponde l’autista, al quale nel frattempo un altro passeggero aveva consegnato il mio cellulare (che è un Samsung S4, quindi non proprio penoso).

Il ragazzo chiede dove si è fermato il pullman e poi mi guarda contento:”Dai è vicino. Ti accompagno io se vuoi“. Incredulo e colmo di gratitudine, mi accomodo in auto e mi faccio accompagnare alla fermata dove sosta l’autobus, che sta aspettando me per ripartire.

Arriviamo a destinazione, l’autista è già sceso e mi ridà il telefono. Ringrazio lui, Palermo, il mondo intero. Torno in auto a prendere la mia roba, ringrazio naturalmente anche i miei due angeli custodi:”Ragazzi siete stati deliziosi. Vi devo una cena“. Lui mi dice:”Ma figurati” e lei rilancia:”Ma se sei solo perché non vieni con noi al cinema?“.

L’IMMIGRATO NON E’ UN NEMICO

Poco dopo, camminando per le vie del centro, assisto ad un’altra scena bellissima: un signore, vestito in maniera distinta, passeggia con il suo cane sul marciapiede. Su una panchina c’è un ragazzo, probabilmente algerino, marocchino, tunisino. Insomma: uno di quelli che stanno tanto simpatici a Matteo Salvini.

Ha gli abiti consumati, i capelli arruffati ed inizia a giocare con il cane. Il padrone dopo qualche secondo gli chiede:”Hai freddo? Vuoi qualcosa da magiare”. Vi giuro su Dio che non sto inventando niente e se non credete in Dio ve lo giuro sulla mia famiglia che è tutto assolutamente vero. Il ragazzo risponde un po’ sorpreso e molto sorridente:”No, la ringrazio. Sto bene così“.

Sono tornato in albergo con la voglia di abbracciare il mondo intero e con un’idea martellante nella testa: e se invece di condividere sul web solo sdegno, odio, opposizione, voglia di massacrare, asfaltare, distruggere, abbandonare il paese, respingere il clandestino, diffondessimo massicciamente anche episodi come questo? Non per dire al mondo che siamo tutti belli, buoni e gentili, perché trasferiremmo un messaggio fuorviante e fiabesco che non coincide con la realtà ma per ben disporre le persone; perché di sicuro una società che non ha più fiducia in se stessa, che vede nemici ovunque e che vive di pregiudizi, diffidenza, avidità e miopia è una società destinata a morire. Che merita di morire. E allora magari possiamo decidere noi cosa meritiamo, dicendo alla gente che sì: la vita spesso fa sul serio schifo e che sì, le persone molte volte sono sul serio ignobili ma che queste non sono regole bensì solo flussi di comportamenti ed accadimenti che noi possiamo decidere di amplificare ed emulare o condannare concretamente con genti opposti e contrari, di fiducia e generosità.

Ps tra l’altro ero a Palermo per un colloquio di lavoro e successiva consulenza con lo studio legale internazionale Giambrone, che mi ha pagato viaggio e alloggio per 4 giorni e anche questa direi che è una cosa bella. 

PPS essendo quello che sono, ho perso il biglietto da visita che il ragazzo (ingegnere) mi aveva lasciato. Auto grigio metallizato, non troppo alto, magro, tratti tipicamente mediterranei (capelli neri e mossi, occhi neri). Si chiama Antonio e mi piacerebbe tanto poterlo ritrovare. La ragazza è mora, capelli lunghi, bel sorriso. Se qualcuno di Palermo li avesse riconosciuti da questa descrizione, può anche segnalare loro la mia mail g.milite@hotmail.it

L'AUTORE
Giornalista professionista. Partendo dalla televisione, ha poi lavorato come consulente in digital management per aziende italiane ed internazionali. E' il fondatore e direttore di YOUng. Ama l'innovazione, la psicologia e la geopolitica. Detesta i figli di papà che giocano a fare gli startupper e i confusi che dicono di occuparsi di "marketing".
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