Prima delle parole

21 Dicembre 2014
Redazione YOUng
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amore                Non tutto è esprimibile a parole. È una dichiarazione tanto ovvia quanto vecchia come il mondo. Lo notiamo quotidianamente, dalle piccole alle grandi cose, soprattutto quando il confronto con gli altri assume un certo impegno, sia esso fatto nel mondo degli affetti quanto nel mondo del lavoro.

Ci sono situazioni in cui parlano i gesti, quando tutto ciò che conta si racchiude in un movimento, in un’azione, in qualcosa di concreto e dinamico, fatto esprimendo tutti noi stessi in un concetto a quattro dimensioni, diffuso nello spazio e scandito dal tempo.

I fatti, i gesti hanno la caratteristica di non essere statici. Le parole possono dire tanto, ma non hanno il potere di concedere una memoria di sé stesse distinta in un tempo che preveda un inizio ed una fine. Certo, ci sono quei momenti in cui dalle parole non si può scappare, in cui non ci si può limitare a fare, ma il dire diventa altrettanto necessario.

Le parole, piuttosto che i gesti, hanno il grande potere di creare tensione. La creano, soprattutto, quando non ci sono parole, nello spazio tra una e l’altra, nell’attesa tra una domanda e una risposta. La immaginate la tensione vissuta prima di una risposta importante, prima del «sì» o «no» di una dichiarazione d’amore? La immaginate la tensione vissuta da Dio prima del «sì» di Maria?

Ho sempre sottolineato quanto una vita vera sia una vita vissuta in tutto e per tutto, non escludendo nulla di ciò che il mondo ci offre dalle nostre possibilità. Gesti e parole, spesso percorrono insieme la stessa strada. Talvolta no. Talvolta si assecondano o entrano in competizione. Talvolta si precedono e, poi, si rimescolano, si discutono, si rimettono in gioco. Noi, con le nostre contraddizioni e i nostri punti forti, siamo, in fondo, figli di parole e gesti. In quanto figli – ma, davvero figli, quelli che hanno un padre e una madre – siamo figli di un gesto che, insieme ad altri gesti e parole, ha dato l’ennesima prova dell’unico miracolo giù in Terra che continua a ripetersi con una certa costanza. Dovremmo ricordarcelo sempre.

Cosa viene prima delle parole? Prima delle parole viene tutto ciò che, a quelle parole, dà un senso. Tutte le lingue del mondo hanno insito un carattere contestuale, sono legate e create nel momento in cui sono espresse. E ciò che crea il contesto sono i gesti, le espressioni al di là del «detto». In una parola, i fatti.

Sant’Agostino azzerderebbe subito nel dire che, prima delle parole, vengono i dubbi. Il dubbio è sfuggente, non permette di cogliere appieno, è un ciclo di domande e domande che ruota intorno a qualcosa cercandone il senso ed il centro. Il dubbio viene prima delle parole, traccia le ipotesi, valuta le strade. Prima di un «sì» (siamo ottimisti!) c’è tutto un complesso di ipotesi del cuore che proiettano, una alla volta, chi deve rispondere, all’interno del discorso. Le strade si aprono e il dubbio mette, in ogni strada, noi stessi in una ipotetica proiezione finché non ne trova una percorribile. Le ipotesi del cuore diventano, allora, ricerca, ricerca nel cuore e ricerca del cuore. Partiamo per un viaggio immaginario ma, alla fine, cerchiamo noi stessi. E proviamo a trovarci nei nostri desideri. «Il dubbio genera la fede» (Sant’Agostino).

Quando pronunciamo un , ci mettiamo innanzitutto la faccia. Mettiamo noi stessi avanti, la nostra libertà effettua una scelta e la fa scommettendo su noi stessi. Una scommessa in senso «cartesiano», non un azzardo, ma intesa con lo spirito dello scommettitore: se scommetto, accetto una posta in gioco. E quella posta in gioco sono io: gioco, mi ci gioco, ci metto la faccia e la mia vita. È ovvio, a questo punto, che ci sia la paura. Scommettere prevede sempre un rischio, e il dubbio si tira dietro la paura.

C’è, innanzitutto, una paura di diventare, la paura di trasformarsi, di cominciare ad essere altro da quello che si è. È la paura di chi abbandona la solidità di un mondo che conosce bene per entrare nello spirito di un altro mondo, quello misterioso che ci si prospetta avanti ma che ci attira ed ispira come non mai. C’è, poi, una paura più forte, quella che dà più grattacapi al cuore: la paura di non essere abbastanza. Si gioca all’inganno, all’errore di persona. Si finge con sé stessi, si corre ad essere ipocriti, attori verso il proprio cuore. È la paura più feroce, quella che è pronta a discutere anche la propria dignità, a mettersi da parte ed a, magari, tirare e riuscire a far dire «no». E non perché la «missione» sia troppo difficile, ma perché non ci si sente degni della bellezza della stessa.

La storia della filosofia ci insegna che, in principio, «era la meraviglia». La storia cristiana – quella partita da un «sì» – ci narra che, in principio, era l’«entusiasmo». Agli occhi sgranati dei primi filosofi fa seguito il cuore pieno d’amore di una giovane donna del nord della Palestina. Al dubbio che genera domande e cerca risposte, fa seguito un dubbio che si dichiara pronto a tutto pur di far sì che quella risposta sia l’amore. È il dubbio che guarda avanti, che si fida di sé stesso e di chi ha di fronte.

Ci sono dichiarazioni in cui, chi propone il proprio amore, non esiste quasi, nel momento in cui si dichiara, nel cuore dell’altro. Ma vi entra, nel tempo che passa tra la domanda e il «sì», per non uscirvi mai più. La chiave di questo miracolo, di questa pienezza, di questo esser pieni d’amore io la chiamo entusiasmo, come quella di Maria di fronte l’Angelo nunziante. Entusiasmo deriva da enthousia (ἐνϑουσια) che, in greco, vuol dire, letteralmente, «con Dio dentro» (ἐν-ϑεός). L’enthousia è, nella tradizione, l’«ispirazione divina», l’esser pieni, nelle azioni, di ogni benedizione. L’essere in pienezza e piena sintonia con ogni cosa che ci circonda.

Cosa viene, allora, prima delle parole? Veniamo noi, la nostra coscienza, quello che siamo e sogniamo e desideriamo e possiamo essere. Prima delle parole viene la speranza e la scommessa su noi stessi. Prima delle parole vengono i fatti, la cura, l’attenzione, l’amore espresso attraverso la vita, l’amare in tutto e per tutto. E chi crede che, prima di un «sì», venga solo l’attenta valutazione delle ipotesi in gioco e l’accurata considerazione dei problemi, beh, si sbaglia di grosso. Si ricordi soltanto che, senza un ben preciso «sì» detto col cuore, qualche anno fa, tra un uomo e una donna, probabilmente lui non sarebbe qui.

L'AUTORE
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