I nemici interni della République: lavoratori, stranieri, nazionalità

19 Gennaio 2015
Redazione YOUng
Per leggere questo articolo ti servono: 8minuti

Dopo l’attentato a Charlie Hebdo, il Presidente della Repubblica francese François Hollande ha invocato l’unità nazionale, un rassemblamento di tutti i cittadini attorno ai valori della Repubblica affinché siano vinti i nemici della Francia, minacciata in quanto “paese di libertà”.

hollande_5Mercoledì scorso, nella portaerei “Charles de Gaulle”, lo stesso si è calato nel ruolo di Capo delle Forze Armate contro l’ISIS, affermando la necessità di rivedere il programma di riduzione degli effettivi militari e la decisione di schierare 10500 uomini in difesa del territorio francese; ciò significa che nel fronte interno- per la sicurezza dei cosiddetti luoghi sensibili- sarà coinvolto un numero di soldati superiori a quelli impiegati dalla République nelle missioni all’estero (8500 tra Africa e Medio Oriente). Lo stesso giorno, il capo del governo francese Manuel Valls, in un’assemblea nazionale sprofondata in un clima sciovinista da primo conflitto mondiale, ha annunciato le sue misure anti-terrorismo: registro delle persone condannate per terrorismo, costrette a dichiarare il proprio domicilio ed a frequenti controlli; separazione dei detenuti considerati radicali nelle carceri; controllo di internet; sorveglianza dei passeggeri europei sospetti.

Tuttavia, lo Stato francese che invoca all’unità di tutti i cittadini e mostra i muscoli al terribile Stato islamico ed ai suoi pericolosi seguaci, è lo stesso che- in questi anni- ha condotto una guerra senza confini contro i suoi cittadini più deboli (lavoratori, immigrati, minoranze etniche) e le altre nazioni interne alla Repubblica.

Il governo del MEDEF contro i lavoratori

Prima che la Francia venisse colpita dai fondamentalisti, la questione all’ordine del giorno era la Loi Macron. Questa legge- che deve il nome al ministro per l’economia, con un passato alla Banca Rotschild, Emmanuel Macron- descritta da Hollande-Valls come “legge di progresso e libertà” punta a semplificare le privatizzazioni, allentare la regolamentazione pubblica sulle imprese, individualizzare i contratti salariali (sottoponibili al diritto civile, anziché a quello del lavoro), facilitare i licenziamenti, rendere la giurisdizione sul lavoro più favorevole agli imprenditori, liberalizzare il lavoro domenicale. Tale progetto si somma alla riforma del lavoro del maggio 2013- varata grazie ad un accordo preliminare tra governo, confederazione delle imprese (MEDEF) ed i sindacati più malleabili (CFDT)-  che ha aperto la strada alla flessibilità di orari di lavoro e salari ed alla mobilità del dipendente entro le fabbriche di una stessa azienda; inoltre, contro i dipendenti recalcitranti alle due suddette misure saranno più facili i licenziamenti. Il risultato è il perseguimento di una politica in favore del capitale contro il lavoro.

Le controriforme del governo del Partito Socialista sono soltanto la battaglia più recente della guerra ingaggiata dal fronte Stato-MEDEF. I più recenti rapporti sulle diseguaglianze sociali, come quello dell’INSEE o dell’osservatorio francese sulle diseguaglianze, dimostrano come- nell’ultimo decennio- vi sia stato un contemporaneo incremento di profitti e povertà. Tra il 2000 ed il 2010, i più poveri hanno guadagnato 33 euro al mese contro i 746 dei più ricchi; se consideriamo gli anni seguenti la crisi del 2008, sino al 2011, notiamo che il 10% più ricco dei francesi ha guadagnato il 3.2% in più (le entrate complessive sono passate dai 336 ai 360 miliardi di euro, singolarmente da 55850 al 57645 euro medi al mese) mentre i cittadini sotto la fascia di povertà sono passati dal 13% al 14.3%, raggiungendo il numero di 9 milioni- ritornando al livello del 1970- con una perdita pro capite di 22 euro mensili. Solo il 30% della popolazione francese ha accresciuto i propri redditi durante la crisi (2008-2011) tra i 110 ed i 1795 euro al mese del 10% più ricco dello Stato; questo ha ricevuto il 70% dell’insieme della crescita dei redditi complessivi. Entro il grave disagio sociale, sono gli stranieri a stare peggio. Nel 2012, tra di loro è superiore la percentuale di disoccupati: 16.2% (contro il 9.1% dei cittadini); inoltre, essi costituiscono la maggioranza (55%) dei senzatetto.

Lotta agli immigrati “irregolari”

I governi della Destra- con Sarkozy ministro dell’interno (2002-2007) e presidente (2007-2012)- combatterono duramente gli immigrati, espellendone oltre 20000 all’anno dal 2005 in avanti. Benché Hollande e Valls abbiano dichiarato di volersi discostare dalla linea dura del proprio predecessore, le cose non sono affatto cambiate: nel 2013 sono stati espulsi circa 27000 stranieri. L’Observatoire de l’enfermement des étrangers (OEE) ha denunciato, nei provvedimenti di espulsione, la frequente mancanza di una giustizia equa verso i migranti. Questi- per ragioni linguistiche- hanno difficoltà a comprendere i propri diritti ed i provvedimenti contro di loro, mentre i loro avvocati- spesso- ricevono in ritardo i dossier sui loro clienti e, di conseguenza, sono ostacolati nella elaborazione di una efficace linea difensiva; inoltre, gli immigrati hanno solo 48 ore per ricorrere contro l’espulsione. Tuttavia, come dice la Cimade, lo storico movimento francese in difesa degli sfollati, il ricorso non sospende l’allontanamento e perciò possono essere allontanati dal territorio francese prima di essere giudicati. Le mancanze della giustizia repubblicana sono conseguenti alla pressione delle autorità amministrative verso le espulsioni di massa. Entro questa repressione degli individui “irregolari” si sono più che raddoppiati i provvedimenti contro i Rom (19380 espulsioni contro le 9404 del 2012). Ben 165 campi nomadi su 400 sono stati smantellati, senza offrire alcuna solida alternativa di alloggio a chi vi risiedeva, come denunciato dalla Lega per i Diritti dell’Uomo; anzi, Valls- da ministro dell’interno- aveva messo in dubbio la volontà dei Rom “ad integrarsi”, così giustificando gli attacchi contro questa comunità etnica. Il culmine di questa politica razzista è stato toccato nell’ottobre 2013, quando una ragazzina kosovara di 15 anni- mentre si trovava in gita scolastica- fu prelevata dalla polizia per essere espulsa dalla Francia. Qualcosa che, senza troppa esagerazione, ricorda molto bene la caccia all’ebreo nell’Esagono occupato dai nazisti e dai suoi fantocci di Vichy.

Il risultato di questa quasi decennale crociata contro lo straniero è stata la creazione di un clima razzista, l’ascesa degli atti di xenofobia. Nel marzo 2013, un rapporto della consulta nazionale francese per i diritti umani (CNCDH) ha stimato un considerevole aumento del razzismo negli ultimi 20 anni; in particolare, nel 2012 si sono registrati 1539 atti a carattere razzista- 23% in più rispetto all’anno precedente. In particolare, secondo i dati recensiti dalla stessa organizzazione, gli atti contro gli islamici nel 2012 si sarebbero incrementati del 30% rispetto l’anno precedente; invece, secondo il collettivo contro l’islamofobia in Francia, sarebbero aumentati del 47% nel 2013, rispetto al 2012, con ben 691 atti recensiti. Lo stesso organismo ha contato 359 atti islamofobi tra il 1 gennaio ed il 15 giugno 2014; mentre, all’inizio del 2015- dopo gli attentati- siamo già a 54 atti contro i musulmani francesi.

Il pugno di ferro socialdemocratico contro gli stranieri- iniziato con la circolare del 26 agosto 2012 per le operazioni di evacuazione dei campi illeciti- è stato tanto gradito dalla cittadinanza da rendere il ministro Valls l’esponente più apprezzato del governo (se non l’unico), mentre ha chiaramente tirato la volata a Marine Le Pen. Probabilmente, è per questo che Hollande ha scelto il ministro dell’interno per rimpiazzare Ayrault come primo ministro nel 2014. Valls si è costruito una posizione politica solida grazie alla lotta contro i non francesi, specie islamici; tuttavia, a giudicare dalle ultime elezioni europee, tra i diversi fascismi i cittadini preferiscono quello originale (il Front National).

La repressione delle nazionalità

Il nazionalismo di Stato francese- della Repubblica una ed indivisibile- è l’unico elemento capace di unire tutte le forze politiche repubblicane, dal Front du Gauche di Melenchon al Front National di Marine Le Pen. Negli ultimi due anni, le gioventù indipendentiste della Corsica e di Iparralde (Paese Basco del Nord) sono state dei grandi bersagli per la repressione francese, sebbene non esauriscano di certo quella che è la storica lotta ai movimenti per l’autodeterminazione nazionale contro lo Stato centrale.

Alla fine del 2012, in Corsica, è rinata la Ghjuventù Indipendentista. Questa è l’espressione di una gioventù corsa nazionalista radicale, figlia di una società ove lo spirito di appartenenza e la coscienza del conflitto con la Francia sono in forte crescita. Le lotte della GI sono state incentrate sui temi principali del movimento indipendentista corso: co-ufficialità della lingua corsa, la lotta contro la tassa di successione (reintrodotta recentemente, malgrado fosse stata abolita- nell’isola- da Napoleone Bonaparte, e giudicata come funzionale all’espropriazione delle proprietà corse per mano dei francesi, vista la disparità dei redditi); lo statuto di residenza (per frenare la speculazione edilizia); la corsizzazione degli impieghi. Subito, lo Stato ha cercato di tagliare le gambe all’organizzazione, con azioni diverse azioni repressive: oltre una decina di convocazioni ed arresti, anche di minori; il processo per l’occupazione della sottoprefettura di Corte; l’incarcerazione preventiva di Nicolas Battini nel 2013, accusato dell’attentato contro la stessa sottoprefettura l’anno precedente, e tuttora nel carcere di Parigi in attesa di giudizio.

I 110 prigionieri politici baschi, nelle carceri francesi, non hanno impedito la nascita di Aitzina, movimento giovanile della sinistra patriottica di Euskal Herria. Questa organizzazione ha dato pensiero alle autorità con le sue battaglie politico culturali in difesa delle ikastola- le scuole ove l’insegnamento è impartito in euskera, la lingua dei baschi- e per la ridenominazione in basco dei luoghi cui è stato imposto il nome in francese. Una delle iniziative più eclatanti di questi ragazzi è stata la sostituzione di decine di cartelli nella lingua ufficiale dello Stato, il loro impacchettamento e la loro spedizione a Parigi via treno. Per contrastare questa importante azione di riterritorializzazione di Iparralde, la gendarmeria ha perquisito la sede di Aitzina, sequestrato diverso materiale informatico e arrestato, nel giro di tre mesi, tre dirigenti del gruppo: Alex Feldman, Koldo Etchegaray e Ieltxu Ostolaza. Questi ultimi due, inoltre, avevano platealmente strappato la lettera di convocazione in caserma durante una conferenza stampa.

Il richiamo alla fittizia unità francese in nome dei valori della Repubblica, alla luce di tutti questi conflitti interni, suona tanto ipocrita quanto reazionario. La Francia, in questo, è un ottimo paradigma dell’Europa. I nemici della maggioranza degli europei, infatti, stanno al governo degli Stati. In queste condizioni, sostenere che tutti i popoli dell’area debbano stringersi attorno alle proprie classi dirigenti politico ed economiche contro il “pericolo islamico” è un’assurdità; per portarla avanti sarà necessario far lavorare bene tutti i mezzi di comunicazione del XXI secolo. Nell’antichità, invece, non era giudicata una buona idea quella di inviare gli schiavi a combattere in difesa dei propri padroni.

L'AUTORE
La redazione di YOUng
SOSTIENI IL PROGETTO!
Sostienici
Quanto vale per te l’informazione indipendente e di qualità?
SOSTIENICI