Russia: Boris Nemtsov non era un santo

3 Marzo 2015
Giulio Chinappi
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Boris Nemtsov

Oramai lo sappiamo, basta davvero poco per passare da personaggio sconosciuto ai più a martire della libertà. È infatti sufficiente difendere gli interessi delle potenze occidentali in un Paese “nemico” e poi essere ucciso in condizioni poco chiare per diventare oggetto di idolatria da parte dei media e dei presunti difensori dei diritti di non si sa chi, ripetendo confusamente qualche affermazione per sentito dire. Un omicidio resta un’azione riprovevole, ancor più in un Paese come la Russia, dove gli assassini (politici e non) sono purtroppo all’ordine del giorno, ma non dovrebbe essere un motivo per assumere automaticamente l’aura del santo agli occhi del mondo. Riferendosi al rapimento ed all’assassinio di Aldo Moro, Giorgio Gaber cantava: “Ma io se fossi Dio, non mi farei fregare da questo sgomento, e nei confronti dei politicanti sarei severo come all’inizio, perché a Dio i martiri non gli hanno fatto mai cambiar giudizio. E se al mio Dio che ancora si accalora, gli fa rabbia chi spara, gli fa anche rabbia il fatto che un politico qualunque, se gli ha sparato un brigatista, diventa l’unico statista“. Dei versi perfettamente applicabili al caso di Boris Nemtsov (o meglio Nemcov, come vorrebbe la traslitterazione più corretta), assassinato a Mosca venerdì scorso.

Se dell’omicidio si è già detto molto e molto ancora si dirà, poiché restano ancora numerosi i lati oscuri della vicenda, troppo poco si è parlato della carriera politica di Nemcov, che tenteremo di riassumere in queste righe. Nato nel 1959 a Soči, Nemcov si fece notare alla fine degli anni ’80 come attivista contro il nucleare dopo il disastro della centrale di Černobyl’. Successivamente si presentò alle elezioni politiche del 1989 proponendo lo sviluppo del settore economico privato in Unione Sovietica, ma per essere eletto ed entrare in Parlamento dovette attendere il 1990, quando vi furono le prime elezioni della Federazione Russa.

Da allora, Nemcov divenne uno degli uomini più fedeli del Presidente Boris Eltsin (anche in questo caso, la traslitterazione corretta è El’cin), che si fece convincere dalle idee liberiste del primo. Le privatizzazioni e la liberalizzazione del commercio estero furono due dei cavalli di battaglia del duo Nemcov-El’cin, e si tradussero in misure che, applicate in modo rapido e senza una preparazione adeguata per l’economia russa, produssero ben presto un vero disastro economico: le privatizzazioni e la vendita dei beni di stato permisero  a pochi uomini di divenire dei grandi magnati in qualche anno, formando una vera e propria oligarchia della quale Nemcov farà parte, mentre si registrò sin da subito un aumento dismisura il tasso di diseguaglianza nella popolazione in favore di una sperequazione irrazionale. In pochi anni, il PIL della Russia subirà un netto declino che impiegherà due decenni a recuperare, il tasso di povertà registrerà un aumento esponenziale, e settori cruciali come sanità ed educazione saranno trascurati. Le misure proposte da Nemcov ed attuate da Elc’in si tradurranno inoltre in un abbassamento dell’aspettativa di vita alla nascita di ben dieci anni, un gap che esiste tutt’ora rispetto alla fine degli anni ’80.

Nel 1991, Nemcov divenne anche governatore della regione di Nižnij Novgorod, dove attuò ancora una volta riforme volte alla liberalizzazione economica ed alle privatizzazioni. Apprezzato dalle élite liberali dell’Occidente, in particolare da Margareth Thatcher, il suo “Laboratorio delle Riforme”, che doveva fungere da esempio per tutta la Russia, si tradusse in un caotico programma volto al libero mercato, che anche in questo caso, nonostante i progressi in alcuni indicatori macroeconomici, non mancò di produrre conseguenze disastrose dal punto di vista sociale e microeconomico. Le sue misure furono condannate in particolare dal ricercatore Sergej Borisov, che sottolineò come Nemcov tendesse a creare un’alleanza tra i poteri forti, formando una vera e propria corporazione per garantire i privilegi delle élite economiche di Nižnij Novgorod. Non a caso, il governatore ebbe numerosi contatti con i boss locali della criminalità organizzata, come Andrej Kliment’jev.

El’cin lo designò come suo successore con il benestare dei governi europei e soprattutto di quello statunitense, ma la grave crisi che stava colpendo la Russia già da diversi anni si acuì profondamente nel 1998, e Nemcov fu ritenuto colpevole assieme ad altri consiglieri ed economisti del Presidente El’cin, tra i quali spiccava Anatolij Čubajs. Il governo fu sciolto, e Nemcov perse le cariche che gli erano state attribuite nel frattempo, accusato di incapacità ed incompetenza in materia economica, essendo oltretutto un fisico e non un economista.

In seguito a questa perdita di credibilità, Nemcov fondò un suo partito, l’Unione delle Forze di Destra, abbreviato in SPS dal suo nome russo (Сою́з Пра́вых Сил, СПС/Sojuz Pravych Sil), che continuava a promuovere il neoliberismo in tutto il Paese. La prima elezione di Vladimir Putin fu quindi scontata, visto che di fronte non si presentava una vera opposizione, con il partito di Nemcov che continuava a supportare una linea economica che aveva già portato il Paese al collasso, oltretutto per mezzo di un programma poco chiaro. In realtà, però, in un primo tempo Nemcov salutò con favore l’elezione di Putin, che descrisse come “un grande lavoratore, esperto ed intelligente“, pur restando dalla parte dell’opposizione parlamentare. Le sue critiche al nuovo capo di stato si fecero più aspre quando si rese conto del cattivo sangue che correva tra Mosca e i governi occidentali: con la sua forza politica, Nemcov decise allora di cavalcare l’onda ed attaccare le politiche di Putin soprattutto per quanto riguarda “l’arretramento della democrazia e dei diritti“, al fine di ingraziarsi Stati Uniti ed Europa, nella speranza di ricevere il loro sostegno per una futura elezione.

Molto ambiguo fu anche il rapporto di Nemcov con la politica ucraina, ed in particolare con l’ex presidente Viktor Juščenko. Per via dei suoi interessi personali nel settore energetico, Nemcov era uno strenuo sostenitore della collaborazione fra Russia ed Ucraina, e fu così scelto come consigliere di Juščenko per avere un ruolo di mediatore tra Mosca e Kiev, nonostante le sue posizioni anti-Putin. Nemcov fu però sollevato dall’incarico nel 2006, quando le divergenze tra le sue posizioni e quelle del governo ucraino divennero insostenibili, al punto che fu accusato di ingerenza nelle questioni politiche interne al Paese.

Dopo questo secondo fallimento nella sua carriera politica, decise quindi di riciclarsi nuovamente con la fondazione del movimento liberista Solidarnost (Solidarietà), assieme ad altri leader dell’opposizione russa, come il famoso campione di scacchi Garri Kasparov. Nel 2009, Nemcov si propose come candidato sindaco per la sua città di origine, Soči, con un programma caratterizzato per la sua strenua opposizione al progetto olimpico in vista dei Giochi invernali del 2014. Sconfitto con solamente il 14% delle preferenze, accusò di brogli il vincitore Anatolij Pachomov, sostenuto dal partito di Putin, Russia Unita (Еди́ная Росси́я; Jedinaja Rossija).

Nel 2010, assieme ad altri leader, fondò ancora una volta una forza politica, il Parnas (acronimo di Партия народной свободы «За Россию без произвола и коррупции», Partija narodnoj svobody “Za Rossiju bez proizvola i korruptsiji”), nato dalla fusione di diverse forze dell’opposizione di centro-destra e liberale, ergendosi come paladino della lotta alla corruzione. Negli ultimi anni della sua attività politica subì anche diversi arresti di breve durata, guadagnandosi sempre l’appoggio formale degli Stati Uniti e dei governi occidentali, in particolare del senatore repubblicano degli USA John McCain, che poi si sarebbe candidato alla Casa Bianca. Inoltre, si è fermamente opposto all’annessione della Crimea alla Russia ed al conflitto con l’Ucraina, supportando il nuovo governo di Kiev e le posizioni dei Paesi detrattori della Russia.

La politica di Nemcov nel corso degli ultimi decenni è stata dunque caratterizzata da ambiguità, incompetenza, difesa dei propri interessi personali ed opportunismo: i suoi numerosi fallimenti hanno costantemente indebolito la sua figura, ma ha cercato continuamente di riciclarsi sotto nuove sigle e con nuovi alleati, alla ricerca di un appoggio da parte dei governi stranieri, che sebbene abbiano deciso di designarlo come leader dell’opposizione liberale ed osannarlo dopo la sua morte, non sono mai stati così stupidi da dargli un sostegno concreto. Senza entrare nel merito della vita privata (ci sarebbe infatti da scrivere un intero articolo sui suoi scandali sessuali in Russia ed all’estero), crediamo che questo breve riassunto della carriera politica di Nemcov sia sufficiente per far venire alla luce tutti i lati oscuri di un uomo che del santo non ha avuto proprio nulla.

GIULIO CHINAPPI – WORLD POLITICS BLOG

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