25 aprile… Se fossi una partigiana non festeggerei

25 Aprile 2015
Maria Melania Barone
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Manifestazione_antifascista“La libertà di parlare, di uscire e gridare, la libertà di ballare, di dire e di pensare, la libertà di non seguire. Che bella parola, così leggera, la libertà”. E’ così che recita lo spot della Rai per promuovere la serata “Viva il 25 aprile”. Per questi 70 anni la Rai si è data tanto da fare, del resto la tv di stato non può ignorare un anniversario così importante come quello della liberazione dal nazifascismo. E’ bello ascoltare la storia, ricordare la voce di Sandro Pertini, il Presidente più amato dagli italiani, socialista, giornalista e partigiano che annunciava alla radio lo sciopero generale insurrezionale:

« Cittadini, lavoratori! Sciopero generale contro l’occupazione tedesca, contro la guerra fascista, per la salvezza delle nostre terre, delle nostre case, delle nostre officine. Come a Genova e a Torino, ponete i tedeschi di fronte al dilemma: arrendersi o perire».

Le indicazioni erano quindi chiarissime: “Resistenza tenace e immediata e non attesa dell’arrivo degli alleati americani. Resistenza sempre, Resistenza. Con tutte le proprie forze finchè il nemico non perisce. E, infine… vittoria. Il 25 Aprile si festeggia per questo, soltanto questo. Perchè è stata l’unica vera grande vittoria di quest’Italia. Della libertà ahimè, non interessa quasi a nessuno.

Esiste anche un altro 25 aprile infatti che si riflette nella storia di un altro Pertini. Questo Pertini qui però si chiama Eugenio, non Sandro. Era rientrato dall’America nel 1944 dopo aver saputo dell’arresto di Sandro e poi della falsa notizia che lo voleva fucilato a Forte Boccea e, da quel momento, decise immediatamente di iscriversi al Partito Comunista. A differenza di suo fratello Sandro che era un socialista, Eugenio aveva delle tendenze molto più radicali. Divenne partigiano anche lui, combattè per la resistenza contro il nazifascismo. E il 25 aprile 1945, mentre suo fratello giornalista, già arrestato, poi liberato e condannato al confino, annunciava lo sciopero generale insurrezionale, Eugenio fu fucilato.

Guardando la storia con onestà intellettuale è possibile vedere tre destini, tre declinazioni del 25 aprile: quello di Eugenio, il comunista della famiglia Pertini fucilato il 25 aprile del 1945. Quello del socialista Sandro Pertini, che ha resistito fino alla fine ed ha accompagnato l’Italia assaporando (lui sì) i momenti più belli dopo la rinascita, e il destino infausto dell’altro fratello, Giuseppe Pertini, ufficiale fascista, il più diverso dei tre fratelli che abbandonò il fascismo solo dopo il secondo arresto del fratello Sandro Pertini, nel 1926 e morì “di crepacuore” immediatamente dopo. Anche il fascismo è tramontato, così come avvenne per l’unico ex fascista dei tre fratelli Pertini. Il destino del comunismo ha avuto, in Italia, un destino simile a quello toccato ad Eugenio, il coraggioso comunista. All’Italia è toccato un destino più moderato, quello socialista di Pertini, ricco di valori, di speranza, di ideali, ma poi, incredibilmente, andato alla deriva.

Abbiamo ereditato una Dc che ha fatto dell’anticomunismo il suo principio cardine e, da quella Dc, sono nati tutti, ma proprio tutti i rappresentanti dei maggiori partiti italiani, di destra e di sinistra: Matteo Renzi, Silvio Berlusconi, Angelino Alfano. Tutti derivano dalla Democrazia Cristiana che, a parte la deriva finale, ha avuto sin dalla nascita una forte impronta riformista e socialista. Oggi Silvio Berlusconi che della Libertà ne ha fatto il suo nome di battesimo politico, ogni tanto demonizza una presunta appartenenza al partito comunista da parte di magistrati o avversari politici (inesistenti), esattamente come ha fatto Totò Riina che ha maledetto i comunisti addirittura dalle aule bunker dei tribunali in cui si sono celebrati i vari processi a suo carico.

Del comunismo, nella moderna Italia, è meglio non parlare. E poi diciamoci la verità: dov’è oggi il comunismo? Da nessuna parte. Salvando la pace dei marxisti leninisti che, pur essendo in pochi, ancora resistono puntando il dito contro l’Europa, dei comunisti si sente parlare (con gioia) solo in occasione del 25 aprile. Questa data infatti, pur essendo una festa di tutti quelli che hanno preso parte alla Liberazione dal nazifascismo siano essi cattolici, liberali, socialisti o comunisti, è stata possibile solo grazie ai partigiani, uomini e donne che hanno combattuto armati contro i nazifascisti. Ebbene la maggior parte di essi erano comunisti. Li vediamo annualmente nei filmati dell’epoca, che sfilano sui carri col pugno alzato in occasione del 25 aprile del 1945.

E’ un altro spot della Rai che rende molto più imbarazzante questa festa e che addirittura dice che dai nostri padri avremmo ereditato un paese “libero”. Adesso mi va di ricordare la libertà che hanno avuto i no global nel manifestare nel 2001 in Piazza Alimonda e la morte di Carlo Giuliani. Mi va di ricordare le torture subite dai ragazzi rifugiati nella scuola Diaz a Genova. Mi va anche di ricordare il deserto del Sahara, oggi cimitero a cielo aperto, pieno di corpi putrefatti e sparsi tra la sabbia, poi sepolti e dimenticati. Sono i pellegrini della libertà, quelli che rischiano tutto, ma proprio tutto per arrivare in un paese “democratico” dove poter lavorare e mandare i soldi ai parenti che ancora vivono in paesi martoriati dalla guerra. Questi stessi uomini se riescono a superare il deserto, arrivano nei paesi del nord Africa per poi dirigersi verso la Libia dove vengono arrestati senza motivo e rinchiusi in carcere per un periodo indefinito (in media un anno). Qui le donne vengono violentate e, quasi sempre, cominciano la gravidanza. Escono solo se pagano una cauzione che in genere parte dai 1700 dollari, appena usciti vengono violentati e torturati anche dagli scafisti a cui pagano una somma che va dai 1500 ai 3500 dollari per attraversare poche decine di km di mare e approdare in Italia. E qui, nel paese “libero” ereditato dai nostri padri, vengono rinchiusi per un periodo indefinito nei Centri. Questi pellegrini della libertà sperano di ottenere lo status di rifugiati, eppure molti di loro vengono rispediti a casa da un paese senza scrupoli che, dopo averli soccorsi in mare è costretto ad applicare la legge Bossi Fini che tende a fare scudo contro un esercito di clandestini.

La verità è che la Libertà con cui si riempiono la bocca tutti, ma proprio tutti quelli che fanno propaganda politica, oltre a non esistere, non è nemmeno più un valore. Se lo fosse infatti ci sarebbe più umanità anche nel legiferare. Chi si arma per fare una Rivoluzione è qualcuno che crede in un ideale preciso, sia esso di destra di sinistra o moderato. Quando a Che Guevara fu chiesto: “Comandante, ma lei è comunista?”. Lui rispose: “Non sono comunista, io sono humanista”. E quel Che Guevara che rifiutò persino incarichi politici per andare a fare la rivoluzione in Bolivia è morto per la libertà.

Se la libertà fosse stata un valore, noi non avremmo mai accettato i dictat dell’Europa, non avremmo mai permesso questo economicidio che ha letteralmente decimato i paesi del globo. Non avremmo mai permesso che fossero schiavizzati interi paesi con il signoraggio bancario, non avremmo mai permesso che fosse firmato il Trattato di Maastricht, non avremmo mai accettato che un club privato decidesse per interi paesi ratificando l’Ems (o Mes, Meccanismo Europeo di Stabilità) che di fatto cade come una zavorra sulle casse già vuote dei paesi europei. Se la libertà fosse stata un valore, non avremmo mai appoggiato l’intervento armato in Libia capeggiato dalla Francia che aveva già inviato i servizi segreti in Tunisia per fomentare le rivolte e le rivoluzioni del Nord Africa. Se la libertà fosse un valore non avremmo mai accettato di riformare l’esercito in favore della polizia europea: l’Eurogendfor che ha poteri pressoché assoluti e che non risponde ad alcun tribunale civile per le sue azioni. Se fossimo stati davvero così fedeli alla Libertà come ci ripetiamo ogni 25 aprile, non avremmo mai aperto i cieli per il bombardamento della Jugoslavia, nè avremmo accettato di comprare dall’America i predator da ricognizione che non possiamo armare se non dopo aver ottenuto l’autorizzazione dal Congresso degli Stati Uniti. E, infine, se la libertà fosse davvero un valore, non esisterebbe il reato di “Vilipendio della Repubblica, delle istituzioni costituzionali e delle forze armate”. 

E poi, mentre ci ripetiamo di essere un paese libero grazie ai partigiani, il governo “democratico” di sinistra propone in modo davvero autoritario una riforma della scuola che rischia di diventare il primo mattone per una Nuova Opera Nazionale Balilla. Cosa vuol farne il governo di questi bambini? Qualcuno se l’è chiesto?

E anche se “Bella Ciao” oggi è cantata in tutto il mondo e recentemente è stata intonata anche in Piazza Taksim, un augurio in questo 25 aprile è d’obbligo: buona Resistenza a tutti, non so cosa ne pensino i partigiani, ma l’Italia ne ha ancora bisogno. Il Fascismo e il Nazismo non muoiono mai e oggi vestono i panni della democrazia.

L'AUTORE
Giornalista pubblicista nasce a nel cuore di Napoli ma vive in molte città italiane, dopo aver compiuto studi umanistici si interessa al mondo editoriale con particolare attenzione alla politica, ambiente e geopolitica.
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