Riforma pensioni, stop dall’Inps e dall’Europa: cosa farà il governo?

19 Giugno 2015
Redazione YOUng
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Il tema della riforma delle pensioni è uno degli argomenti più sentiti nel dibattito pubblico italiano degli ultimi anni. Tra prese di posizione,Riforma pensioni, governo Renzi promesse e accuse reciproche, le forze politiche non hanno ancora trovato un accordo. In questi giorni si registrano due importanti interventi: sia il presidente INPS Tito Boeri che la BCE hanno “frenato” le ambizioni di chi chiede maggiore flessibilità in uscita. Bisognerà vedere cosa farà il governo Renzi nei prossimi mesi: l’orizzonte temporale indicato dall’esecutivo è la Legge di Stabilità 2016 quando bisognerà individuare le risorse finanziarie per far fronte alle inevitabili maggiori spese.

Una storia che va avanti da tempo

La manovra varata dal governo Monti ha rivoluzionato la vita di molti, allungando il periodo di permanenza al lavoro per tanti lavoratori. A subire le principali batoste, oltre che gli esodati divenuti tristemente famosi, i lavoratori c.d. precoci: parliamo di coloro che hanno iniziato a lavorare da giovani e, a causa dell’inasprimento dei requisiti, si sono visti di punto in bianco costretti a mantenere il proprio impiego. Per chi in quegli anni è rimasto disoccupato, poi, doppia doccia fredda: anche in questo caso la platea è molto ampia e sono tanti che, purtroppo, sono rimasti spesso senza lavoro e senza reddito. Per loro si chiedono interventi immediati e lo stesso Tito Boeri, fin dal suo insediamento all’INPS, ha promesso che presenterà una proposta di reddito minimo garantito per gli over 55.

Quali proposte per la pensione anticipata?

Tutto ruota intorno alla pensione anticipata, l’istituto che con Monti e la Fornero ha sostituito l’anzianità. Oggi per lasciare il lavoro servono 42 anni e 6 mesi di contribuzione per gli uomini e 41 anni e 6 mesi per le donne. Dal 1° gennaio 2015 è in vigore una sospensione di parte della riforma che prevedeva delle decurtazioni sugli assegni per chi lasciava il lavoro prima dei 62 anni. Da tempo in Commissione Lavoro alla Camera dei Deputati sono depositate diverse proposte: le più famose sono a firma di Cesare Damiano, ex Ministro e deputato PD. Tra le strade più gettonate troviamo la quota 100 (che consentirebbe di lasciare il lavoro con almeno 62 anni e 38 di versamenti contributivi) e le pensioni flessibili (uscita a 62 anni con 35 di contribuzione e penalizzazioni decrescenti che, dall’8 per cento, si azzerano al 66esimo anno). Altre soluzioni “minori” sono state avanzate da tutte le forze politiche.

La posizione del governo Renzi

Il Premier ha parlato poche volte, l’ultima delle quali dopo la bocciatura della Consulta riguardo le mancate indicizzazioni delle pensioni decise dalla Fornero. Il capo dell’esecutivo ha aperto ad una maggiore flessibilità che consenta, dietro un piccolo taglio, di andare in pensione prima. Il Ministro Giuliano Poletti, poi, si è occupato più spesso del tema senza mai prendere posizioni nette ma lasciando intendere che quando si interverrà, e lo si farà in Legge di Stabilità 2016, non si sfasceranno i conti pubblici.

Ce lo chiede l’Europa

La riforma Fornero fu attuata in un momento di difficoltà economica per l’Italia, sulla via del mantra “Ce lo chiede l’Europa”. Europa che è tornata a parlare, recentemente, tramite un Bollettino economico della BCE: l’istituto guidato da Mario Draghi, surrettiziamente, ha messo sull’attenti il nostro Paese sottolineando che le stime sui “costi dell’invecchiamento” sono piuttosto ottimistiche e che non bisogna tornare indietro. Sulla stessa linea è Tito Boeri che, fin dal suo approdo all’INPS, ha sempre sostenuto la necessità di dialogare con Bruxelles. Nel corso dell’ultima audizione alla Camera, l’economista bocconiano ha bocciato le principali proposte perché “costano troppo”: servono 10 miliardi per la quota 100, 8 per le pensioni flessibili.

Quale futuro?

La riforma delle pensioni è una scelta politica: visto il grande costo, occorrerà una decisione chiara e pesante da parte dell’esecutivo. Solo così si potrà mettere mano concretamente al sistema. Bisogna trovare i soldi, ne servono tanti: viste le poche possibilità di indebitamento, l’Italia dovrà tirare la cinghia e tagliare gli sprechi, ottenendo le risorse con una semplice inversione degli addendi che non muti la somma della spesa pubblica.

L'AUTORE
La redazione di YOUng
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