Referendum: la rivoluzione anti-austerity comincia dalla Grecia

3 Luglio 2015
Maria Melania Barone
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Non è un referendum contro l’euro ma contro i ricatti dei creditori dell’Ue”: queste le parole di Alexis Tsipras che da Piazza Syntagma parla di libertà e democrazia. “Il no di domenica riscriverà la storia della Grecia e dell’Europa”.

grecia referendumLa discesa ripida della Grecia è appena iniziata ed il popolo greco la percorre a passi svelto perchè troppo ripida. Ma il declino cominciò con la crisi del 2008 che partì dall’America e travolse la maggioranza dei paesi europei. La Grecia aveva già alterato i suoi conti per rientrare nell’eurozona, una scelta forzata e decisa da pochi oligarchi di quella che, un tempo, fu la madre gloriosa della democrazia. Il meccanismo del debito però non avrebbe mai funzionato con nessuno. Dare la moneta a prestito senza che, dall’altro lato, vi fossero vere e proprie garanzie è una chiara trappola finanziaria. Stiamo parlando di un paese che ha più import che export, che non ha mai investito in una vera e propria politica di sviluppo, che non ha un discreto numero di piccole e medie imprese e che, quindi, non può dare garanzie. L’economia greca si fonda essenzialmente sul settore terziario. Ha una florida tradizione turistica e agricola e non potrà mai ripagare 50 miliardi di euro, perchè a tanto ammonta il debito del giardino del mondo, questa è la somma che serve al paese ellenico per ristrutturare le sue finanze nei prossimi 3 anni.

E arrivata appena la notizia che da lunedì le banche non avranno liquidità e intanto fa il giro della rete la foto di un pensionato disperato e sdraiato a terra fuori a una filiale di Salonicco. Ma la partita che si gioca in queste ore a Piazza Syntagma è importante come le altre giocate durante gli ultimi anni. Tsipras è impegnato a spiegare perchè è importante votare NO domenica prossima, giorno del referendum storico: “Non si tratta di un voto per uscire dall’eurozona, ma per dire no ai ricatti dei creditori”. Il leader di Siryza afferma che dopo la vittoria del No, la Grecia tornerà in europarlamento a ritrattare il debito: la richiesta è un taglio del 30% del debito pubblico nei confronti dei debitori: questa la misura salva patria che andrebbe a sommarsi a molte altre misure come quelle adottate nel 2012 o nel 2010. Del resto l’attuale situazione della Grecia è la prova provata che è la Troika ad aver falli, è il meccanismo del debito a non avere alcun futuro se non quello della schiavizzazione dei popoli e, come dice Alexis Tsipras: “Il referendum ha aperto una discussione in Europa su ciò che è sostenibile e ciò che non lo è”. E’ questo tema del dibattito perchè, come pochi sanno, l’accordo domenica scorsa era quasi firmato in una riunione segreta tra i vertici europei e Tsipras. Ciò che ha fatto sì che Tsipras si alzasse dal tavolo  sono due punti cruciali, due soli punti che ponevano una differenza di 60 milioni tra il piano A voluto dall’Europa e il piano B voluto da Tsipras. Il pomo delle esperidi era il nodo sulle pensioni che Tsipras aveva accettato con la condizionale: la riforma il governo ellenico sarebbe stato anche disposto a farla, ma l’Eue aveva chiesto di “ritoccare” anche le baby pensioni dei cinquantenno che hanno appena ottenuto il congedo dal mondo del lavoro e in più ha proposto un aumento dell’IVA anche per le isole greche, quelle che cioè che tengono in piedi il paese grazie al turismo. Due nodi inaccettabili per Tsipras che, comunque, sarebbe stato anche d’accordo ad ottenere altri prestiti. Ma allora che senso ha aver fatto una campagna anti eurozona ed anti austerity se comunque l’epilogo sarebbe stato quello di andare a chiedere altri prestiti in ginocchio? Qual è il vero piano di Tsipras? La posizione di Tsipras, ad oggi, si risolve nel voler tenere l’Europa per il colletto usando lo stesso cappio del debito a cui è stata condannata. Pagare il debito si, ma nel modo giusto. E il modo giusto è quello dettato dalla Grecia, cioè quel modo che non va ad intaccare più di tanto la vita di un popolo, la vita delle persone.

Per Juncker infatti “la differenza tra le due proposte era solo di sessanta milioni”. “Non avrei voluto trovarmi in una situazione tra il sì e il no, avrei preferito un’opzione C, quella dell’accordo”, ha poi concluso. Intanto i maggiori supervisori dei partiti europei si stanno recando in Grecia per vedere da vicino quella che sembra essere diventata la “rivoluzione anti austerity”. Hollande e molti altri vorrebbero che si raggiungesse l’accordo auspicato anche da Junker prima del referendum del 5 luglio. Il motivo? Sanno che la maggioranza dei greci voterà “Ochi”, cioè “No”. Ma in piazza Syntagma esiste anche il fronte del “Nai”, cioè “Si”, coloro che repuntano fondamentale restare in Europa con le condizioni dettate dall’Eurozona.
Ma questo referendum fa proprio paura e fa paura in primis ai paesi creditori che hanno già assaporato un crollo della borsa nei giorni scorsi. Tutti sanno che un’eventuale Grexit non sarà immediata, ma pochi hanno capito che quest’uscita dall’eurozona sarà in realtà dettata dalle condizioni di austerity ormai insostenibili per tutti i paesi in difficoltà dell’Ue e sarà incentivata dai piandi di offerte e di aiuti avviati da altri paesi: la Russia ha offerto due miliardi di euro, la Cina ha difatti comprato il porto più importante della Grecia che è strategico per controllare i mercati su tutto il mediterraneo. Junker afferma che nel caso vincesse il “no”, la situazione europea sarebbe invertita e il tavolo delle trattative non si riaprirebbe. Intanto all’Europa resteranno le briciole: una borsa in profondo rosso che fa da preludio a una Grecia, per fortuna, dura a morire.

Proprio oggi è stato rigettato il ricorso presentato contro il referendum di domenica prossima 5 luglio ed Alexis Tsipras comincia il suo dialogo in questi minuti con parole di speranza:

“Oggi festeggiamo la vittoria della democrazia, la democrazia è purificazione. La grecia ha spedito il messaggio dell’orgoglio. Nessuno può ignorare questa passione , questo desiderio di vivere, questo desiderio di speranza. Oggi festeggiamo la nostra decisione di prendere le nostre sorti nelle nostre mani, quella cioè di dare la decisione nelle mani del popolo greco, superando i ricatti, la paura. L’Europa che abbiamo conosciuto, l’Europa dei valori non ha niente a che fare con i ricatti. Oggi quest’Europa guarda a voi, ai 3 milioni di poveri, ai milioni di disoccupati. Oggi il mondo guarda a voi, a piazza Syntagma, dove è nata la democrazia. Qui abbiamo una nuova possibilità di far nascere la democrazia. Domenica diamo tutti insieme un messaggio di democrazia e di speranza all’Europa e al mondo, perchè domenica decideremo non solo di stare in Europa, ma anche di vivere con dignità. non ci sarà alcuna minaccia che dividerà l’Europa o toglierà la Grecia dal suo luogo geopolitico. La Grecia resterà il luogo della civiltà Europea. La mitologia dice che Zeus acchiappò Europa, e i tecnocrati europei vogliono così acchiappare l’Europa e sottrarla alla democrazia, alla solidarietà e al rispetto. Cittadini di Atene che siete qui oggi dopo aver ignorato il terrorismo degli ultimi giorni, rimanderemo al mittente l’ultimatum. Le pagine più brillanti di questo popolo saranno scritte domenica, li avremo la possibilità di voltare le spalle a chi ci ha tradito ogni giorno. Da lunedì, qualsiasi sia il risultato di questo referendum, correggeremo tutto quello che è stato fatto negli ultimi 5 anni. noi siamo il piccolo popolo che combatte senza le spade e combattiamo con l’arma più forte che abbiamo in tutto il pianeta: la ragione. Cittadini del popolo greco, ci vuole molta forza per essere liberi e noi siamo liberi, respiriamo l’aria della libertà. Non cederemo ai ricatti, il no entrerà nella storia della Grecia e della Democrazia”.

L'AUTORE
Giornalista pubblicista nasce a nel cuore di Napoli ma vive in molte città italiane, dopo aver compiuto studi umanistici si interessa al mondo editoriale con particolare attenzione alla politica, ambiente e geopolitica.
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